Crac Veneto Banca, pena ridotta in Cassazione per Vincenzo Consoli

Due anni e 6 mesi per ostacolo alla vigilanza di Consob. Caduti in prescrizione tre dei quattro reati contestati. A giugno inizia il processo per bancarotta ai vertici dell’ex Popolare

Marco Filippi
Vincenzo Consoli, ex direttore generale di Veneto Banca
Vincenzo Consoli, ex direttore generale di Veneto Banca

Due anni e sei mesi di reclusione per ostacolo alla vigilanza di Consob. Si è ridotta di altri sei mesi in Cassazione (perché nel frattempo s’è prescritto il reato di ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia) la pena per Vincenzo Consoli, l’ex amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca (difeso dall’avvocato Ermenegildo Costabile di Milano). Con questa sentenza, emessa nelle scorse ore dai giudici della Suprema Corte, cala definitivamente il sipario sul primo dei tre filoni d’inchiesta sul colossale crac dell’ex Popolare di Montebelluna e Asolo che ha visto migliaia di soci, che avevano riposto soldi e fiducia nell’istituto di credito veneto, perdere i risparmi di una vita, mandando sul lastrico famiglie e aziende.

A quattro anni di distanza dall’inizio del processo di primo grado, in tribunale a Treviso, il bilancio è di una pena quasi dimezzata e della prescrizione di tre dei quattro reati inizialmente contestati all’ex numero uno di Veneto Banca ossia l’aggiotaggio bancario, il falso in prospetto e l’ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia. Al definitivo sigillo sul primo filone d’inchiesta della procura della Repubblica si è arrivati passando attraverso la sentenza di condanna a 4 anni, emessa il 3 febbraio del 2022 dai giudici del collegio del tribunale di Treviso, presieduto da Umberto Donà, e quella, ridotta a 3 anni, della Corte d’Appello di Venezia, presieduta da Carlo Citterio, del 29 gennaio 2023.

La pubblica accusa, coordinata dai sostituti procuratori Gabriella Cama e Massimo De Bortoli, aveva sempre dipinto Consoli, che per 18 anni era stato al timone di Veneto Banca, fallita nel giugno del 2017, come il “dominus” incontrastato dal 1997 al 2015 di una banca dove nulla succedeva senza il suo controllo. Il ragioniere di Matera è sempre stato dipinto come “l’uomo solo al comando” di una banca i cui membri del cda, i sindaci e i revisori dei conti erano mere comparse. L’ex amministratore era responsabile del crac per non aver saputo gestire bene il credito e per aver occultato le gravi perdite che l’istituto aveva subito a causa di una sciagurata politica di concessioni di finanziamenti, in molti casi senza alcuna garanzia. Quando ormai la crisi stava attanagliando l’economia, per i pm Consoli nascose consapevolmente le gravi perdite che l’istituto aveva subito a causa di una sciagurata politica di concessione dei finanziamenti in alcuni casi senza nessuna garanzia. Il tutto mentre il valore dell’azione stabilito dall’assemblea dei soci su proposta del consiglio d’amministrazione era sempre tenuto molto elevato a dispetto della reale condizione economica e patrimoniale della banca. Si è calcolato che quando nel 2015 l’azione era fissata a 39 euro in realtà ne valesse 7 o 8.

Archiviato il primo filone, il secondo, quelle sull’associazione per delinquere finalizzata alla truffa, è stato formalmente dichiarato prescritto il 14 dicembre 2023.In questo caso Consoli era imputato assieme ai manager Renato Merlo e Mosè Fagiani. Il fulcro dell'accusa si basava su una consulenza, redatta da un docente universitario, il professor Angelo Miglietta, ordinario di economia e management allo Iulm di Milano, secondo il quale il prezzo delle azioni di Veneto Banca sarebbe stato consapevolmente gonfiato. Tra il 2012 e il 2014 quando si attestavano su un valore medio di mercato di 39 euro con punte di 40, le azioni dell’ex Popolare di Montebelluna valevano in realtà tra il 77 e il 79 per cento in meno. E più precisamente 9.11 euro nel 2012, 9.19 euro nel 2013 e 8.04 euro nel 2014. Un’ingiustificata sopravvalutazione media dei titoli di 31 euro. L’accusa sosteneva come Consoli, insieme ai due manager a processo, fosse in grado di indurre in errore tutti gli apparati gestionali della banca, e avesse consapevolmente adottato una politica aggressiva sopravvalutando le azioni.

Rimane aperto, invece, il terzo filone d’inchiesta, quello per bancarotta per il quale non c’è pericolo di prescrizione. In questo caso, il 12 giugno prossimo inizierà, davanti al giudice Cristian Vettoruzzo, l’udienza preliminare che vede imputato naturalmente Consoli, assieme ad altri 9 tra manager e dirigenti di Veneto Banca. Tra questi, un’altra figura di spicco tra i quali Flavio Trinca, ex parlamentare e presidente del consiglio d’amministrazione di Veneto Banca dal 1997 al 2014. La procura chiede il loro rinvio a giudizio per la “gestione sconsiderata del credito” che ha portato al fallimento dell’istituto di credito.

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