Goldin racconta l’arte: tre appuntamenti per presentare “Da Picasso a Van Gogh”

A Castelfranco, Conegliano e Oderzo: «Per me è fondamentale, far entrare il pubblico dentro una materia che non è solo colore, non è solo immagine»

Marina Grasso
Marco Goldin (FotoFilm)
Marco Goldin (FotoFilm)

Già il titolo, “Da Picasso a Van Gogh”, sottintende un accattivante racconto che parte dal poi per arrivare al prima, un’inversione di tempo “dall’astrazione all’impressionismo”. E lunedì sera Marco Goldin comincia a condividere con il pubblico della Marca, con tre serate a Castelfranco, Conegliano e Oderzo, questo racconto d’arte (ma non solo), che porterà al Museo Santa Caterina di Treviso, dal 15 novembre, dal museo di Toledo (Usa).

Un racconto in cui s’intrecciano le storie di Mondrian e Klee, di Morandi e Pisarro, di Matisse e Modigliani, di De Chirico e Picasso, di Gaugauin, Cézanne e Renoir, per citare alcuni degli straordinari autori in mostra. E di quel Van Gogh, a lui tanto caro, che concluderà il percorso espositivo con il “Campo di grano con falciatore ad Auvers” con cui si congedò dalla vita.

Marco Goldin, che cosa racconterà nelle presentazioni della mostra?

«Per me è fondamentale, far entrare il pubblico dentro una materia che non è solo colore, non è solo immagine. Per questo amo raccontare la pittura, tenendo insieme all’immagine anche la parola, e quando posso la musica. In questo caso vorrei condurre davvero per mano chi verrà ad ascoltarmi la prossima settimana. Condurre tutti in un viaggio in mezzo a capolavori strepitosi che hanno segnato il corso della storia dell’arte. Treviso avrà veramente un grande privilegio nel prossimo autunno, perché per sei mesi avrà appese alle pareti del suo museo opere che non si muovono mai da Toledo in Ohio e che invece per una circostanza fortunata faranno tappa da noi. Ecco, racconterò straordinarie storie di pittura, storie di vita, di donne e uomini che hanno dedicato all’arte i loro giorni».

Quanto il suo impegno teatrale di questi anni influenzerà e ha influenzato il Goldin curatore?

«Su questo non credo di avere ancora riflettuto compiutamente. Se mi guardo indietro credo di capire che le due cose da un certo momento si siano intersecate, si siano richiamate l’una con l’altra. Fin dai tempi dell’università, allora come semplice passione nulla più che ideale, ho sempre amato raccontare storie di pittura, e le storie connesse di chi a quella pittura aveva dato voce. Forse era quindi naturale che a un certo punto questa modalità della mostra/racconto incontrasse la forma del teatro. E non soltanto forma di annuncio, come per tanti anni è stato, ma anche come approfondimento. Poi il teatro è diventato per me qualcosa di specifico, non più legato a una mostra. Quando lavoro in teatro mi mancano le mostre, quando faccio mostre mi manca il teatro».

Oltre alle serate a Castelfranco, Conegliano e a Oderzo sono previsti altri appuntamenti?

«Le tre serate dei prossimi giorni coprono ampiamente il territorio provinciale, per cui non ve ne saranno altre. Per quanto riguarda Treviso, ci stiamo ancora riflettendo. Spero di poter fare qualcosa di bello magari a settembre, prima di densi impegni che avrò con un’altra mostra altrove».

Domani aprono le prevendite per la mostra: che segnali ha già colto?

«I segnali sono davvero positivi. Percepiamo al nostro centro prenotazioni, ancor prima di dare il via alla macchina, un grande entusiasmo e interesse. Sia per la qualità della mostra sia per il desiderio del pubblico di tornare a Treviso. Occorre dire che la stagione dei Carraresi, pur lontana due decenni e oltre, è ancora nella memoria di tantissimi in Italia».

Ed è pensabile ritornare ai numeri di quella straordinaria stagione?

«Ho già risposto molte volte a chi mi chiedeva previsioni sui numeri. Personalmente sono concentrato sulla qualità del lavoro mio personale e di Linea d’ombra, qualità che pretendo sempre altissima. Per il resto, nel post Covid il mondo delle mostre è cambiato tanto e i numeri si sono letteralmente dimezzati, se non di più. Oggi si stappano bottiglie quando si raggiungono – e non più di un paio di mostre all’anno – i duecentomila visitatori. Non posso dire altro che si vedrà alla fine come sarà andata. Le basi sono buone».

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