Da Castelfranco la musica di Brunello in Nepal per i Lama

CASTELFRANCO. Un trekking strepitoso verso l’Everest, cinque sei ore al giorno di cammino su sentieri sempre meno frequentati e sempre più impervi partendo da Lukla, la porta dell’Himalaya. Un’avventura fatta di fatica – tanta –, paesaggi unici – sicuramente per Red Cello, l’inseparabile violoncello del maestro Mario Brunello–, emozioni insuperabili da condividere con chi si è incontrato lungo le strette vie del Nepal e da portare poi per sempre nel cuore.
Si è concluso ieri con il rientro a Castelfranco il viaggio di Brunello con la figlia Paola, pianista, iniziato lo scorso 17 aprile tra le cime hilamayane. Con loro Red Cello, l’amico alpinista Fausto de Stefani accompagnato da moglie e figlio, il documentarista Sandro, due medici italiani e tre giovanissime nepalesi di 12, 13 e 14 anni che studiano violino.
L’avventura era già iniziata nel 2016, durante il primo viaggio di Brunello in Nepal. Legato da un’amicizia profonda con de Stefani, «uno dei pochi ad aver scalato tutti gli ottomila del mondo», il musicista ha donato violini e violoncelli ai ragazzi che frequentano la Rarahill Memorial School di Kirtipur, non lontano da Kathmandù.
«Volevo portare un simbolo della nostra cultura musicale in quelle terre», riferisce il maestro castellano, «ma mi sono raccomandato che usassero quegli strumenti per la loro musica. Mozart e Beethoven arriveranno, forse, con il tempo. Durante quel viaggio è nata l’idea di fare un giorno un trekking verso l’Everest assieme ad alcuni ragazzi e provare a portare insieme la musica in quei luoghi. La musica come arte ha il potere, in un certo senso, di far parlare quelle cime irraggiungibili per molti. La montagna si misura sì, ma solo in altezza. Come della musica si calcola più o meno la durata. Ma la profondità che entrambe posseggono non è misurabile se non da ciascuno con il proprio personalissimo e unico strumento che è l’esperienza personale di vita».

Ed è proprio questo il messaggio che Brunello con l’amico de Stefani ha voluto lasciare con questo trekking. «Che potrebbe essere», anticipa il violoncellista, «un embrione di futuri “Suoni dell’Himalaya”, chissà...». Ricordando i già collaudati “Suoni delle Dolomiti” con in quali Brunello con il suo violoncello fa risuonare le bellissime montagne di casa. Il musicista da anni sostiene l’impresa di de Stefani che ha un nome: la Rarahill Memorial School di Kirtipur, appunto, la scuola nata e cresciuta per «formare le prossime generazioni di operatori culturali e guide di un paese, il Nepal, troppo spesso considerato solo per la catene himalayane e per l’utilità degli sherpa».
Il racconto del viaggio appena concluso è ancora carico di suggestioni. «Siamo partiti il 17 aprile con tre studentesse violiniste di 12, 13, 14 anni e camminando da Lukla, la porta dell’Himalaya, per 5-6 ore al giorno», scriveva in diretta Brunello dal Nepal agganciandosi con fatica al mondo occidentale attraverso la rete virtuale, «abbiamo raggiunto Pangboche a quattromila metri. Attraverso la valle del Khumbu, fermandoci in vari paesi, suonando insieme nelle scuole abbiamo fatto conoscere e sentire la musica e la possibilità di coltivarla non solo come divertimento, ma come mezzo per diffondere e preservare la cultura della montagna e della natura». Non nasconde la fatica, ma preferisce condividere le emozioni.
«A Pangboche», continua, «abbiamo avuto il privilegio di suonare nel monastero, il più antico della valle, di fronte al Lama incuriosito e concentratissimo. Non credo che sia mai accaduto di sentire il suono dei violini e del violoncello in quel luogo “sospeso”, denso di misticismo, dominato dagli ottomila metri dell’Everest e dai quasi settemila del Ama Dablam, cima di una bellezza che lascia senza parole».
Ogni passo un’emozione. Il passaggio sui ponti sospesi nel nulla, la salita, gli incontri. Il tutto documentato e condiviso, dove i collegamenti lo hanno permesso, tramite i social. «Cello solo e Lama», posta Brunello accompagnando le parole alla foto, «Momento magico al monastero di Pangboche, a quattromila metri di altitudine».
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