Il Comune di Vittorio Veneto batte Banca Intesa: possibile risarcimento di 4 milioni
La Corte d'Appello di Venezia ha confermato la nullità dei contratti derivati sottoscritti dal Comune di Vittorio Veneto con Banca Intesa nel 2005. L'ente ha accumulato un credito di 4 milioni di euro, ma il contenzioso non è ancora concluso
La Corte d’appello di Venezia ha confermato la nullità dei derivati contratti dal Comune di Vittorio Veneto nel 2005 con Banca Intesa. Il Comune ha incassato differenziali dal 2 gennaio 2006 al 31 dicembre 2015 per un importo complessivo di oltre 6,2 milioni di euro, e ha pagato differenziali dal 30 giugno 2016 al 31 dicembre 2024 per un importo complessivo di più di 10,5 milioni di euro.
La vicenda giudiziaria
L’onere complessivo del contratto, in termini di flussi di cassa, è quindi quantificabile in 4,2 milioni di euro. Ma a seguito del ricorso, esperito ancora dalla Giunta Tonon, e della relativa sentenza di primo grado del Tribunale, il Comune ha accantonato ma non pagato le rate del 2023 e del 2024 per circa 4 milioni di euro.
Si tratta di fondi che ritorneranno nella disponibilità del Comune? «La quantificazione delle somme dovute dalla banca al Comune sono oggetto di altro giudizio di appello per il quale non c’è ancora la sentenza definitiva» risponde l’assessore agli Affari Legali Barbara De Nardi.
Non solo. Non è escluso che Banca Intesa faccia appello. E quindi, afferma De Nardi «non ci resta che attendere di capire se servirà anche il terzo grado di giudizio per sancire definitivamente la nullità dei contratti o se dal punto di vista processuale la vicenda si fermerà qui».
La sentenza di primo grado, confermata dall’appello, asseriva che i contratti erano privi dei requisiti essenziali previsti dal Codice civile: in particolare per assenza di causa e indeterminatezza dell’oggetto, dovuta alla mancata indicazione del mark to market, per omessa esplicitazione dei costi impliciti e dei cosiddetti scenari probabilistici del contratto.
La sentenza
Costi impliciti che, a seguito della prima sentenza, venivano quantificati in 400 mila euro e in parte già pagati dall’Istituto di credito. Il Comune di Vittorio Veneto, con un atto notificato il 24 maggio 2019, citava appunto in giudizio, davanti al Tribunale di Venezia, Intesa Sanpaolo per vedere accertata la nullità dei contratti di investimento denominati Cash Flow Swap del 2005 e Basis Swap Collar del 2006 e, in subordine, per ottenere la risoluzione di quei contratti e il risarcimento dei danni subiti anche in ragione della violazione delle obbligazioni gravanti sull’istituto di credito, quale consulente delle operazioni in derivati concluse dall’ente pubblico.
La sentenza di primo grado accertava la violazione degli articoli 30 e 32 Tuf, il testo unico della finanza, per mancata indicazione del diritto di recesso dell’ente e la violazione del decreto ministeriale n.389 del 2003, poiché lo Swap del 2005 era una forma atipica di finanziamento, che si poneva al di fuori del perimetro di quel decreto. La sentenza della Corte d’appello di Venezia emessa a settembre 2024 conferma quella del Tribunale di Venezia che risale appunto al 13 aprile 2022.
«Attendiamo fiduciosi. Se alla fine del contenzioso, il Comune di Vittorio Veneto troverà soddisfazione – afferma l’assessore De Nardi – ci troveremo con un tesoretto di 4 milioni. Al contrario, se sarà data ragione alla Banca, la somma è stata accantonata. La circostanza più positiva è che da ieri, primo gennaio, non avremmo nessun conto in sospeso per i derivati».
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