Vittorio, il viadotto dell’A27 che fa paura: la vita a naso in su in val Lapisina

A Vittorio Veneto un’unica paura, da San Fris a Longhere  I residenti: «Finora rattoppi, vogliamo controlli straordinari»
Sbrissa Vittorio Veneto San Fris
Sbrissa Vittorio Veneto San Fris

Vittorio Veneto, il viadotto dell'A27 che fa paura

VITTORIO VENETO. «Se cade mi prende, eh». Lo si nota immediatamente dallo sguardo, dal tono di voce e dalla traiettoria che disegna col dito: la signora Lucia ha già preso nella sua testa le misure dell’orrore possibile. E come potrebbe essere altrimenti, dopo Genova? Via San Fris, Vittorio Veneto. C’è una minaccia verticale, grigia, costante, rumorosa. Sopra quel grappolo di case sparpagliate incombe, altissima, l’autostrada A27, sorretta da piloni di cemento armato impressionanti.



«Quello che abbiamo visto a Genova per noi è stato uno shock. Se abbiamo paura? Certo che abbiamo paura», dice la signora Lucia Bortolotto. La sua è una delle case più vicine al viadotto. «Se cade mi prende», dice, perché alle fatalità – anche se solo potenziali, temute – non si scappa. Un anno e mezzo fa venivano giù calcinacci grossi come mattoni, e l’anima d’acciaio del cemento armato si mostrava dall’esterno, corrosa e inquietante. Dopo settimane di transenne piazzate alla base dei piloni come unica risposta, alla fine è stato messo in atto un lavoro di manutenzione di cui oggi si vedono i segni: evidenti chiazzature di vernice e cemento più freschi a punteggiare pareti e spigoli. Tutto a posto, dunque? Ora vi sentite più tranquilli? «I ga taconà», è il no della signora Lucia. Hanno solo rattoppato.

Sbrissa Vittorio Veneto San Fris Unica parte rattoppata
Sbrissa Vittorio Veneto San Fris Unica parte rattoppata


Enea Picco abita qualche metro più in su. Basta attraversare quella larga fascia d’ombra nera gettata giù dall’autostrada, come un equatore. «Venite a vedere, anzi, andate voi perché io lassù non ci arrivo», dice e indica, cicerone della paura quotidiana, «guardate i piloni di là». Basta salire pochi metri nel boschetto dietro casa sua ed ecco cosa intendeva: il cemento delle colonne portanti, praticamente sulla verticale della sua vecchia stalla, è esattamente com’era un paio d’anni fa quello che ora è stato rattoppato. «Hanno riparato quelli più in vista», racconta Picco, «puri lavori di facciata». Dove passa il prete, si dice da queste parti.

Sembra esserci più rassegnazione che indignazione o paura. «Se viene giù tutto fra dieci o vent’anni, io non ci sarò già più», sorride l’anziano, che ha comprato casa qui nel 1993. È solo terrore estemporaneo, figlio della sciagura del Morandi? Il ponte genovese fu costruito tra il 1963 e il 1967, qui invece si parla di colonne di cemento innalzate all’inizio degli anni Novanta, con inaugurazione del tratto autostradale oltre Vittorio Veneto Nord nel 1995. Basta questa differenza d’età per dormire – o per passarci sopra in auto – tranquilli? «Non ci resta che sperare che facciano bene la manutenzione, e spesso. Cos’altro possiamo fare? – allarga le braccia la signora Maurella Da Ros, 79 anni, che abita solo qualche decina di metri più a valle – Ma abbiamo paura, questo è sicuro. Per quello che abbiamo visto a Genova non ci sono parole. Pazienza le buche a Roma, ma qui siamo oltre ogni definizione». Poi la signora racconta che suo figlio si è trasferito in Germania, e da lì l’ha chiamata per farle sapere che «il mondo parla di questa sciagura, e tutti ci deridono».

Sbrissa Vittorio Veneto San Fris
Sbrissa Vittorio Veneto San Fris


Situazione simile una manciata di chilometri più a nord: come via San Fris, anche nel reticolo di Longhere (via Feltre, via Vallata, via Tobero) tendono orecchie e occhi. La colonna sonora che piove giù è la stessa – pneumatici che solcano l’asfalto, camion e auto che fendono il cielo – la paura anche.

«Noi ora chiediamo una immediata verifica strutturale dell’opera – dice il sindaco di Vittorio Veneto, Roberto Tonon – controlli di tipo straordinario. Non sappiamo quando siano stati fatti l’ultima volta, lo chiederemo». L’intervento dello scorso anno sui piloni è tutta un’altra storia. «Lì si è trattato di lavori di manutenzione per la caduta di calcinacci, un intervento realizzato dopo le segnalazioni da parte dei residenti. Ora serve una verifica complessiva, strutturale».

Facile minimizzare o tirare in ballo i grandi numeri, quando non c’è la propria pelle di mezzo. E se viene un terremoto? Lo scorso anno Autostrade per l’Italia ha spiegato che già nel 2011 venne analizzato attentamente il viadotto del Fadalto e non emersero necessità di interventi di adeguamento. La stessa società aveva poi rassicurato spiegando che periodicamente viene fatta una valutazione del rischio sismico. Il controllore però è anche il controllato, in un circolo vizioso terribilmente italiano. E intanto chi sta sotto guarda insù.

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