Vincono la causa con l’Usl: 32 anni dopo

In tre persero un occhio in sala operatoria per uno strumento infetto. La Cassazione dà loro ragione, ma due sono morti

CONEGLIANO. Trentadue anni per una causa. Trentadue anni per capire che tre persone che perdono contemporaneamente un occhio, otto giorni dopo un intervento di routine di asportazione della cataratta, non sono una coincidenza, e che l’ospedale (in questo caso il “Santa Maria dei Battuti” di Conegliano) ha commesso un imperdonabile errore. Settembre 1982 – estate 2014: tanto ci è voluto per arrivare alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione, che conferma le varie sentenze che finora si sono succedute negli anni, e hanno concesso un maxi risarcimento alle famiglie degli infortunati. Finalmente giustizia è stata fatta, ma due di quei tre sfortunati protagonisti non ci sono più, e i loro eredi, più che “godersi” il risarcimento, hanno dovuto perdere tempo (e soldi) in un’infinita battaglia legale. Il caso, all’epoca, aveva fatto parecchio discutere. Romeo Rinaldi, Maria Paesani e Natale Santuz entrano nell’ospedale di Conegliano (a quell’epoca esisteva ancora l’Usl12) per un intervento chirurgico di asportazione di cataratta. L’intervento va bene, ma tutti e tre contraggono una gravissima infezione batterica da “pseudosomas aeruginosa”. In poco tempo il batterio causa gravi ulcerazioni della cornea, e otto giorni dopo i medici decidono per l’eviscerazione dell’occhio infetto. Immediatamente vengono citati in giudizio l’allora primario del reparto, il dottor Giuseppe Gracis, e l’Usl12 di Pieve di Soligo, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. A complicare le cose, il fatto che poco tempo dopo venga costituita l’Usl7, e il soggetto di riferimento per i tre cittadini danneggiati, e per i giudici, sia la gestione liquidatoria della disciolta Usl12. In ogni caso la Corte d’Appello di Venezia conferma il risarcimento alle vittime dell’episodio di malasanità (nel frattempo, a Santuz e alla Paesani sono subentrati i rispettivi eredi), ma questa sentenza viene impugnata dalla gestione liquidatoria Usl12 con il ricorso in Cassazione, sorretto da ben 12 motivi di censura. Tra questi, una serie di presunti vizi di forma ed errori di procedura, e una tesi in difesa dell’ospedale: la circostanza per la quale una perfetta sterilizzazione di un camera operatoria sarebbe un risultato impossibile da raggiungere da parte del personale sanitario del nosocomio. Tesi spazzata via dalla Cassazione: uno o più strumenti, durante l’operazione, erano entrati in diretto contatto con il varco aperto del bulbo oculare dei tre pazienti operati di cataratta nel medesimo giorno. E quegli strumenti erano portatoti del batterio “pseudosomas”, perché non adeguatamente sterilizzati.

Argomenti:malasanità

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso