Morta a un anno dall’infiltrazione, la figlia: «Costretti a vendere la casa per pagare le rette a mamma»
Parla la figlia dell’anziana morta un anno dopo un’infiltrazione lombare: «Ricoverata in casa di riposo perché non autosufficiente». Un medico di base in pensione è finito sotto inchiesta per omicidio colposo

«Siamo stati costretti a vendere l’abitazione di famiglia per poter pagare le rette della casa di riposo, altrimenti non potevamo permetterci di tasca nostra gli oltre tremila euro mensili. Nostra madre non era autosufficiente e poteva essere assistita soltanto da professionisti, viste le condizioni di salute in cui si trovava».
Così la figlia dell’ottantenne di Silea, A.B., morta in ospedale il 17 aprile scorso, dopo un calvario di quasi un anno e 4 mesi, sulla quale la procura di Treviso ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, indagando il noto medico di base e reumatologo Francesco Cavasin, 67 anni di Roncade.
A coordinare le indagini il sostituto procuratore Giovanni Valmassoi, che ieri mattina ha conferito al medico legale Alberto Furlanetto l’incarico di effettuare l’autopsia sul corpo dell’anziana di Silea e per cercare di stabilire se via sia un nesso di causalità tra l’infiltrazione lombare prestata dal medico di base nel gennaio del 2024, l’immediato ricovero all’ospedale dell’anziana e il progressivo decorso della malattia che ha portato alla morte dell’anziana.
L’accertamento autoptico è fissato nel pomeriggio di mercoledì 30 aprile. L’esito è abbastanza scontato: A.B. è morta per polmonite. Ma tra tre mesi il medico legale Furlanetto depositerà una relazione finale, completa di esami di laboratorio e analisi delle cartelle cliniche, che dirà se vi sia stato un nesso causale tra l’iniezione lombare, praticata dal medico di base e la morte dell’anziana.
La difesa del medico indagato, rappresentata dall’avvocato Elisa Berton, affiancherà nel pomeriggio a Furlanetto un medico legale di parte, il dottor Enrico Pedoja. I famigliari dell’anziana, invece, sono tutelati dall’avvocato Andrea Piccoli. Soltanto dopo l’autopsia, il sostituto procuratore Giovanni Valmassoi rilascerà il nulla osta per i funerali. Un caso è indubbiamente complesso.
Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la vicenda risale al pomeriggio del 23 gennaio del 2024 quando l’anziana, che all’epoca soffriva di sciatalgia, va dal medico di base, esperto reumatologo. Il professionista, quel giorno, sottopone l’ottantenne a un’iniezione a livello lombare.
Tutto sembra essere riuscito alla perfezione. Peccato che pochi minuti dopo essere rientrata a casa dall’ambulatorio, l’anziana inizia a sentirsi male.
«Aveva delle fitte lancinanti alla schiena - spiega la figlia -. Per questo abbiamo deciso di portarla immediatamente al pronto soccorso dell’ospedale di Treviso, dove la situazione è peggiorata appena dopo il suo ingresso».
L’anziana, infatti, urla dal dolore e non riesce più ad esprimersi tanto da costringere i sanitari del Ca’ Foncello a sedarla e a ricoverarla nel reparto di terapia intensiva del nosocomio trevigiano. Lì, A.B. rimane per oltre due mesi fino a quando, verso fine marzo del 2024, i medici decidono di dimetterla, anche se la situazione clinica è ormai compromessa. Il referto delle dimissioni parla di “encefalite asettica”, con vari altri organi compromessi.
L’ottantenne, non autosufficiente, viene portata in casa di riposo. I figli sono costretti a vendere la casa di famiglia per pagare le costose rette della casa di riposo. Dopo oltre un anno di ricovero, il quadro clinico dell’anziana peggiora progressivamente tanto che l’11 aprile scorso viene ricoverata al Ca’ Foncello, dove muore per polmonite il 17 aprile scorso. Ora l’inchiesta.
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