Veneto Banca, esposto di don Torta: "Tesori all'estero"

TREVISO. Di chi la colpa nel dissesto di Veneto Banca: delle quote precipitate a 0,10 centesimi o della finanza allegra all’epoca di Vincenzo Consoli amministratore delegato e Fabio Trinca presidente? Chi pensa ad una regia occulta nel “salvataggio” rivendica alcuni dati fattuali: le azioni di Veneto Banca sono state fissate a 0,10 centesimi perché corrispondevano al denaro che il fondo Atlante era disposto a sborsare. Elementare, direbbe Watson. Con il corollario che le banche che compongono il fondo e hanno stanziato un miliardo per l’aumento di capitale, incasseranno adesso i proventi di una rivalutazione astronomica, mentre i soci che detenevano 5 miliardi sono andati a zero. Un esproprio, come definirlo altrimenti, che aveva nel Cda uscente la quinta colonna: questa la tesi di chi postula una regia occulta. Da vedere la misura effettiva dell'esproprio, perché tramite strumenti come warrant i vecchi soci potrebbero essere in qualche misura rimborsati in futuro. Al presente, hanno perso tutto.
La gestione di Consoli e Trinca è tutto meno che innocente, almeno a leggere un esposto presentato alla procura della repubblica di Treviso. Lo firma don Enrico Torta, il prete della periferia di Mestre nella cui parrocchia si riuniscono avvocati e associazioni di soci truffati. L’esposto denuncia la presenza di “un’associazione per delinquere che ha operato per anni con lo scopo di ricavare ingentissimi utili personali a danno della banca, dei soci e dei clienti, a discapito di una intera comunità che è stata inesorabilmente colpita non solo nei propri interessi economici (assai spesso sudati risparmi frutto di anni di economie) ma anche nella fiducia in una istituzione profondamente radicata nei cuori e nelle menti”.
“I protagonisti dell’epopea negativa di Veneto Banca”, si legge, “sono alcune figure che in tempi diversi hanno rivestito ruoli apicali nella direzione dell’istituto di credito, nonché un uomo dello Stato. Anche altro soggetto, che ha rappresentato la Repubblica a livelli elevatissimi, è meritevole di interesse. Tutti costoro, a meno che non si tratti di sorprendenti omonimie, hanno costituito e detengono attività fuori dall’Italia, con una rilevante propensione per paesi fiscalmente esotici”.
I nomi sono: Vicenzo Consoli già amministratore delegato e Flavio Trinca già presidente della banca; Franco Antiga, ex vice presidente della Holding e presidente della dipendente banca italo-romena, che da sola ha lasciato un buco di 500 milioni; Giuseppe De Maio, già comandante della Guardia di Finanza di Treviso; Franco Bassetto e Gino Pozzobon, persone utilizzate - secondo l'esposto - per fare la cresta su transazioni immobiliari; Annibale Dal Verme, rappresentante a Panama di Bsi Bank (banca della Svizzera italiana) inquisita per riciclaggio dalle autorità elvetiche; Federico Tessari, ex presidente della Camera di commercio di Treviso e titolare di varie proprietà all’estero, situazione in cui si trovano anche l’attuale vicepresidente della banca Giovanni Schiavon (che per anni ha presieduto il tribunale di Treviso) e Cristiano Carrus, attuale direttore generale. Come titolari di un numero impressionante di attività all’estero risultano Consoli, Trinca e Antiga. Messe in piedi con denari stornati da Veneto Banca, è l’assunto, sul quale si chiede alla magistratura di fare luce: “E’ legittimo interrogarsi sulla provenienza dei fondi con i quali sono state acquisite le descritte proprietà, sulla funzione delle società riferibili ai nominativi indicati, sulla intervenuta segnalazione al fisco italiano delle disponibilità patrimoniali”.
L’omonimia cui l’esposto accenna, sembra più che altro un artificio retorico, comunque un’eventualità remota: nomi, cognomi, date di nascita e codici fiscali (quando i documenti li richiedono) coincidono sempre, nelle oltre 100 pagine di allegati.
Nella documentazione ricorre anche il nome di Rodrigo Rato, già vice primo ministro spagnolo e ministro dell’economia, nonché direttore del Fondo Monetario Internazionale, arrestato l’anno scorso per frode fiscale. Rato sarebbe collegato a Consoli attraverso una società panamense, di cui è uno dei sottoscrittori del capitale.
Per l’esportazione di denaro all’estero la dirigenza di Veneto Banca si sarebbe servita della banca commerciale Eximbank, che faceva parte del gruppo, con sede in Moldavia. Non mancano nomi di imprenditori veneti clienti della banca, come il presidente di Save Enrico Marchi e il suo socio nella Finanziaria Internazionale Andrea De Vido, Fabio Biasuzzi e altri, che avrebbero goduto di trattamenti di favore, non solo da Veneto Banca ma anche dalla Popolare di Vicenza, grazie a “un complesso di prestiti, crediti deteriorati e pegni incrociati” su cui si chiede di indagare.
Ci sarà il coraggio di andare fino in fondo? Questo è un punto rovente: l’esposto è stato inviato in copia al Consiglio superiore della magistratura, per il sospetto di interessi in conflitto tra i giudici trevigiani e i possibili indagati. Nel mirino c’è la sezione fallimentare del tribunale di Treviso: alcuni magistrati sarebbero palesemente inadeguati, in particolare uno, legato a Veneto Banca attraverso uno studio di notai che ne cura gli interessi.
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