Veneto Banca, azioni in picchiata: ora valgono 7 euro e 30 centesimi

Il consiglio di amministrazione ha fissato il valore per chi vorrà vendere avvalendosi del diritto di recesso
Ferrazza Venegazzù assemblea soci Veneto Banca 2015
Ferrazza Venegazzù assemblea soci Veneto Banca 2015

Sette euro e trenta centesimi: è questo il valore delle azioni per i soci di Veneto Banca che decideranno di avvalersi del diritto di recesso. O meglio, che chiederanno di avvalersi, perché più che un diritto, il recesso è una strada in salita, con paletti precisi fissati da Banca d'Italia su input del Governo. Nel pomeriggio di ieri Cristina Rossello è stata nominata nuovo vicepresidente di Veneto Banca. Avvocato cassazionista, per oltre quindici anni segretario del patto di sindacato di Mediobanca, Rossello va a ricoprire la carica che fu di Alessandro Vardanega, dimissionario poche settimane fa.

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Il board della ex Popolare di Asolo e Montebelluna ha cooptato anche il professore Beniamino Quintieri, docente e preside della facoltà di economia all’università Tor Vergata di Roma. La notizia di questa doppia nomina è però passata in secondo piano nel giro di pochissime ore: subito dopo, i lavori del board si sono concentrati sul valore delle azioni in caso di diritto di recesso da parte dei soci. Il cda è tornato in conclave proprio per stabilire quel valore cruciale, e la fumata bianca (si fa per dire, perché per i soci sembra più nera del nero) è arrivata solamente alle 23:07.

Sette euro e trenta centesimi, una cifra che sarà anche molto simile al valore delle azioni post trasformazione in società per azioni e quotazione: i meccanismi di valutazione viaggiano sugli stessi binari. Un numero chiave e pesante, ridondante sottolinearlo. La exit strategy del diritto di recesso non è così semplice né lineare, comunque. In sostanza: un socio contrario alla trasformazione in Spa ha il diritto di chiedere di uscire dall’azionariato. E non è detto che l’uscita di sicurezza sia ampia abbastanza da far passare tutti, anzi: la Banca d’Italia avrà il potere di vietare agli azionisti il recesso, «anche in deroga a norme di legge». A stabilirlo è un decreto varato dal governo, che ha invocato «requisiti di urgenza».

Il timore, infatti, è di una fuga generalizzata che dissangui il patrimonio degli istituti di credito ex popolari. Insomma, i soci potranno essere obbligati a rimanere se questo sarà necessario per scongiurare una riduzione del capitale sotto l’asticella fissata dalla vigilanza bancaria unica esercitata dalla Banca centrale europea. Saranno - ancora - giorni caldi a Montebelluna. Mancano poco più di due settimane all’assemblea straordinaria del 19 dicembre, chiamata ad approvare la trasformazione in Spa, l’aumento di capitale da un miliardo di euro e la quotazione in Borsa. In quell’occasione verrà comunicata la “forchetta” del nuovo valore delle azioni, ma il valore fissato ieri notte per il diritto di recesso è già molto indicativo.

Fino a ieri, le azioni Veneto Banca valevano (sulla carta) 30,50 euro ciascuna. Fino allo scorso aprile, 39 euro e 50 centesimi. Ora chi esce lo fa a 7,30: lascia sul campo oltre l’81% del proprio investimento (ammesso che abbia comprato quando il valore era al top). Tra le associazioni dei piccoli azionisti si sta ragionando sull’ipotesi di “boicottare” la trasformazione in Spa, votando «no».

Il presidente Pierluigi Bolla è stato però molto chiaro e diretto con i soci in una lettera aperta: se votate «no» , Veneto Banca rischia di essere commissariata. O, nella peggiore delle ipotesi, di vedersi revocare la licenza. In pratica: di sparire. Mentre Standard & Poor’s ha confermato ieri la pagella a Montebelluna (rating B+ con outlook negativo), nella bozza del nuovo statuto Veneto Banca rinuncia allo “scudo” che il governo Renzi ha offerto alle popolari per difendersi dai potenziali predatori. In pratica, niente tetto al 5% per i diritti di voto previsto dalla riforma. Ma ora i piccoli soci hanno altro a cui pensare.

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