Vasconetto, 150 anni con la merce migliore il “sapere” delle cose
Sulla piazza dal 1858, la stirpe continua con Roberto Qui tra mille merceologie nulla è lasciato al caso

TREVISO 05/01/06 PREMIATA DITTA MARCO VASCONETTO PREMIATA DITTA MARCO VASCONETTO
La data è impressionante: 1858. In quell'anno nasce Eleonora Duse e viene ultimato il Big Ben di Londra, Bernadette ha la prima apparizione della Madonna a Lourdes; muore Linus Yale, padre delle serrature e a Plombiéres s'incontrano Cavour e Napoleone III. Nello stesso anno nasce la più antica delle botteghe storiche di Treviso, ora tutelata dal Fai: "Vasconetto". Ci hanno campato, tra quei muri stretti e quella "cantina-magazzino" che passa sotto la città, 4 generazioni della famiglia che ora è rappresentata da Roberto ma che, fino a due anni fa, aveva in Francesco l'ultimo "vecchio saggio”.
E pensare che Roberto aveva pure manifestato grandi perplessità sul fatto di continuare. Francesco aveva tenuto duro e il figliolo aveva cambiato idea. Ora, oltre a essere il commerciante.... più vecchio di Treviso, è anche uno dei più critici sul modo in cui i politici «hanno preso a calci il centro storico», svuotandolo e non ridandogli una vocazione.
Non è semplice spiegare cosa sia la bottega di Vasconetto. Pensate che quando in città e nei paesi vicini circolavano solo poche auto, si faceva sosta in bottega anche per procurarsi il carburante. Contemporaneamente in "cantina" si confezionavano colori e composti originali e artigianali. Compreso un colore verde che in tutta Italia veniva identificato con il nome della famiglia di commercianti di Piazza dei Signori. La caratteristica della bottega è rimasta quella della "sapienza" delle materie e dei prodotti. Così se serve un consiglio per un colorante, un pettine, un pennello, una controsuola, un discrostante, un pulitore per argenti, una spazzola, una colla, una tela, uno smacchiatore, si deve solo spiegare il proprio problema a Roberto che, negli anni passati dietro al bancone, ha assorbito il sapere di quattro generazioni. Di tutte queste cose resta testimonianza negli odori che s'addensano e si rincorrono tra gli scaffali. «Un mestiere non s'inventa, un mestiere s'impara», diceva Francesco mentre lo intervistavamo per l'ultima volta a proposito del suo tempio. Aveva appena terminato, fiero, di sorridere sulle sorti di un signore che, sbagliando prodotto per lucidare una porta, mal consigliato da un maxiemporio del fai-da-te con ragazzi in divisa che raccomandano senza sapere, aveva combinato un disastro. Il baffo di Francesco s'è spento per sempre, ma i saperi sono rimasti a Roberto. Attorno, a consigliarlo, le auguste presenze - in foto - degli avi con le "insegne" delle barbe professorali: le loro “someie” sono fieramente appese lì, a quel pezzo di muro libero dalle merci che fanno sembrare il negozio un laboratorio del Mago Merlino. Così il santuario dei Vasconetto ha anche la sua Hall of Fame. In America per molto meno si apre un museo, «qui invece ti danno una vetrofania tre centimetri per tre e assistono impotenti alla chiusura di tanti negozi». Vasconetto non teme molto: è riuscito a conquistarsi la nicchia della qualità. «Siamo qui dal 1858 e ci saremo ancora a lungo», diceva fiero Francesco prima che la malattia se lo prendesse.
Sul muro, in fondo al piccolo santuario, spicca il decreto regio firmato da Vittorio Emanuele III. La ditta trevigiana forniva ai Savoia la mitica cera per legno (per i pavimenti dei palazzi reali e molto altro) chiamata Luxor. Ci sono ancora, in qualche cassetto, le etichette gialle con un numero di telefono che oggi fa sorridere: 22124. Verde Treviso e Luxor a parte, c'è quella storia della prima benzina. «La vendevamo noi e un solo distributore in provincia. Le macchine erano uno sfizio-incognita, la "benzina cicloesano rettificata" (lo dice un'antica guida Michelin, in cassaforte con tante altre chicche) la compravano in negozio: a galloni, misurata con i recipienti in rame. Nel negozio si faceva anche la cera e il fornello, sempre acceso, aveva anche un fuoco espressamente dedicato al ponche per i "baffoni" di casa e quelli di passaggio». E in cassaforte c'è anche la lettera di Garibaldi al trisavolo carbonaro di Roberto. Insomma, non una bottega ma un libro di storia. Negozio senza tempo, di antica scuola, di competenza. Roberto ha metabolizzato l'arte di famiglia e, dopo essersi abbeverato al "sapere" di quattro generazioni (Marco, Costante, Marco II e Francesco), ora distribuisce saggezza e soluzioni al cliente. Che chiede: «Si ricorda di quella vernice dorata che presi due anni fa per il lampadario?» Certo. Serve più scura, per un ritocco. Accanto ha cassetti in cui c'è scritto: spazzole per scarpe, spazzole per vestiti, pennelli-astuccini, pennelli attrezzati, pennelli ovalini, pura setola («A lingua di gatto? Sono quasi introvabili», dice Roberto). E anche: talco puro-steatite, polvere pomice, gesso scagliola, cera d'api, colla di pesce, colla perla, mordente noce, mordente mogano, minio puro piombo, paraffina solida, allume di rocca, bianco zinco puro, gomma arabica... Vecchie diciture? Macchè, dentro c'è ciò che è scritto. Lacci per le scarpe? «Tondi, piatti, pelle, cotone, colore?», dice Roberto. Ce ne sono 200 tipi. Tra bilance del '26, del '34 e quella mitica dell'800, colori per tessuti, a tempera, acrilici, per vetro, per cuoio, tende, vestiti; tra saponi da bagno, da bucato, i Marsiglia veri e i Valobra da museo (più che centenari), lucidi da scarpe («li facevamo noi»), calzanti, creme per lucidare l'argento (Goddard's, fornitori della real casa inglese) e ricariche per evidenziatori.
Vasconetto vive per la gioia dei clienti. Accanto, un negozio di suole che respirano, una banca, una bottega di prét a porter. Roba moderna.
(1.continua)
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