Valdobbiadene, Insulta l'ex sindaco su internet fisioterapista condannato

VALDOBBIADENE. Ha insultato su Facebook l’ex sindaco di Valdobbiadene, Pietro Giorgio Davì, dandogli del «condannato, terrone e razzista»: dovrà pagare 600 euro di multa e le spese legali. Protagonista della vicenda un cittadino di origini indiane, Mori Vasanth Kumar, residente a Miane: ieri mattina il giudice Cristian Vettoruzzo lo ha condannato per diffamazione, concedendogli la sospensione condizionale della pena. La vicenda nasce nell’agosto del 2013. Davì e Vasanth seguono entrambi una pagina Facebook dedicata a una maratona nel deserto sponsorizzata dal “Team Italia Tony Fassina”.
È lì, sulla bacheca digitale di quella pagina sul social network più famoso, che Vasanth si lascia andare a un breve ma mirato insulto: dà a Davì del «condannato, razzista e terrone». Non è chiaro cosa lo abbia mosso: ieri l’ex sindaco di Valdobbiadene, comparso in tribunale a Treviso per raccontare la propria versione al giudice, ha detto di «aver conosciuto l’imputato quando ero sindaco e lui lavorava come fisioterapista in ospedale e casa di riposo. Mi aveva chiesto informazioni sul nuovo centro di fisioterapia nella cittadella sanitaria, credo cercasse lavoro». Forse da lì Vasanth ha serbato del rancore, fatto sta che in quella pagina Facebook si è lasciato andare allo sfogo, pesante. L’uomo ha tentato di negare, ma sul web nulla si distrugge: Davì aveva conservato le notifiche che gli erano arrivate via mail di quel commento in cui era menzionato. Da lì la denuncia, le indagini e ieri la condanna: 600 euro di multa (pena sospesa) più il pagamento delle spese legali.
Il giudice ha riconosciuto il valore insultante di quel post su Facebook. Il riferimento a «condannato» contro Davì faceva riferimento a una vicenda giudiziaria in cui in realtà l’ex sindaco di Valdobbiadene non è stato propriamente condannato, bensì ha patteggiato nel 2013 una pena di undici mesi di reclusione (sospesa) per falsa autenticazione di firme. La vicenda risale alle elezioni regionali del marzo 2010 quando, in calce a una lista di Forza Nuova, c’erano due firme di Davì a garanzia dell’autenticità delle sottoscrizioni raccolte. A far scattare l’inchiesta era stato il Comune che avrebbe dovuto rilasciare i certificati elettorali di alcuni nominativi inseriti in due liste presentate: dai controlli emerse che alcuni di quei nomi di sostenitori di Forza Nuova si riferivano a persone che si erano trasferite e un paio appartenevano addirittura a persone decedute.
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