Uragani, pestilenze, siccità e l’invasione delle locuste Secoli di calamità in mostra
Terremoti, esondazioni, invasioni di cavallette, siccità: la natura matrigna mostra il suo ghigno in otto secoli di storia della Marca, a cavallo tra il Medioevo e l’età moderna. A raccontarla con...

Terremoti, esondazioni, invasioni di cavallette, siccità: la natura matrigna mostra il suo ghigno in otto secoli di storia della Marca, a cavallo tra il Medioevo e l’età moderna. A raccontarla con dovizia di particolari un’inedita mostra dal titolo “Terremoti e alluvioni: le catastrofi naturali nel trevigiano tra il XII e il XIX secolo”, che ha aperto i battenti nel Chiostro di Santa Margherita all’interno dell’Archivio di Stato di Treviso lo scorso 23 settembre e chiuderà il 31 marzo.
Un viaggio attraverso i documenti, le cronache e gli atti notarili nell’arco temporale preso in esame per conoscere i disastri naturali che hanno segnato in lungo e in largo la storia trevigiana. A cominciare dal primo grande terremoto che colpì Treviso nella notte dei tempi, novecento anni or sono, il 3 gennaio 1117. Viene ricordato per via dell’abbondanza di documentazione nelle cronache dei monasteri benedettini. Riportato anche nel catalogo parametrico dei terremoti in Italia a cura dell’Istituto nazionale di geofisica, segna la storia di tutti i terremoti in Italia, dall’anno mille in poi. Non da meno il sisma del 12 marzo del 1376, avvertito a Treviso con un’altra forte scossa di terremoto. L’epicentro era a Vicenza. Non poteva non passare a futura memoria anche la siccità del 1355, raccontata da un atto del notaio Nascimben da Levada. Mentre l’anno dopo, nel 1356, le cronache e gli atti notarili raccontavano di abbondanza di pioggia alla fine del mese di aprile.
E che dire degli anni dal 1338 al 1340, passati alla storia per... un’invasione di locuste? Apocalittico, secondo le cronache dell’epoca, pure il passaggio di cavallette che nell’agosto 1542 «scurivano il sole». E il forte vento del 1551? «Mai udito prima da persona vivente». In mostra anche qualche osservazione “pratica” del tempo atmosferico. Per conoscere i mesi più piovosi dell’anno era sufficiente tagliare una cipolla in 12 parti, scrivere su ognuna di esse il nome di un mese, quindi cospargerle di sale. Piovosi sarebbero stati i mesi in cui il sale si fosse sciolto. «Nel sentimento della natura del Medioevo le calamità erano viste come castigo di Dio» spiega il curatore della mostra e direttore dell’Archivio di Stato di Treviso, Antonio Bruno, «parliamo di interpretazione religiosa dei fenomeni naturali da parte dell’uomo medievale. Ad esempio per terremotus si intendeva sia il fenomeno fisico sia l’accezione religiosa di terra percossa da Dio. Si accettavano teorie scientifiche solo come concausa».
Ben prima il notaio Giovanni di Conegliano, alla fine di un registro di atti del 1369, riportava alcuni versi relativi alla credenza che le condizioni meteorologiche del giorno della conversione di San Paolo, il 25 gennaio, avrebbero condizionato l’andamento climatico di tutto l’anno. Oltre che essere responsabili di guerre e pestilenze. Spuntano credenze a proposito delle piaghe che Dio mandava agli uomini per castigarli dei loro peccati nell’ Epistula Domini Nostri Iesu Christi, una lettera scritta su tavole di marmo e scesa dal cielo fin sull'altare di San Pietro a Gerusalemme nella credenza popolare. L’epistola risale al VI secolo e ha goduto di fortuna e circolazione anche a stampa fino al XIX secolo. L’Archivio di Stato di Treviso ne possiede due versioni redatte, all’interno dei loro protocolli, dai notai Nascimbene di Levada (registro 1336-1350) e Serafino da Voltafagarè (protocollo 1354-1365).
Ma le calamità sono state una costante nei secoli. Come l’uragano del 1418. L’incendio che nel 1440 devastò Valdobbiadene e la frazione di San Vito distrutte da «ineffabile diluvium ignum». Con tanto di teorie scientifiche e religione (castigo divino) mescolate. Il vento del 1418 che piegò un terzo della città di Treviso, distrusse il ponte della dogana, danneggiò il monastero di San Nicolò e Santa Margherita. Un altro terribile terremoto nel 1695 colpì Asolo e distrusse metà delle abitazioni.
Alessandra Vendrame
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