Tutti i guai del Piave «La diga? Un errore»

Gli esperti sono concordi: «Meglio le casse di espansione»
Di Riccardo Mazzero
30/01/2017 Ponte della Priula. siccità del Piave .© Paolo Balanza - 30/01/2017 Ponte della Priula. siccità del Piave - fotografo: Paolo Balanza
30/01/2017 Ponte della Priula. siccità del Piave .© Paolo Balanza - 30/01/2017 Ponte della Priula. siccità del Piave - fotografo: Paolo Balanza

CONEGLIANO. Si è tenuto ieri nella sala polifunzionale del Comune di Sernaglia della Battaglia il convegno dal titolo "Piave: Stato ecologico a rischio?". L’incontro, organizzata dall’amministrazione del sindaco Sonia Fregolent, e partecipato da una sala al completo, ha visto alternarsi tra i relatori esperti di idrologia ed ingegneria che hanno esposto alla cittadinanza le ragioni del loro "no" al progetto di diga di Falzè di Piave. La conferenza, moderata dall'architetto e docente Iuav Maria Rosa Vittadini, ha avuto come primo relatore l'ingegner Antonio Rusconi, il quale ha esposto quale sia l'attuale situazione dei bacini idrici sul corso del fiume Piave e quindi, del perché l'invaso di Falzè non sia la soluzione migliore per risolvere il problema delle alluvioni che hanno colpito il nostro territorio specialmente negli ultimi anni. Rusconi ha ripercorso le fasi storiche che hanno condotto alla situazione attuale del Piave, e ha spiegato come l'alveo di questo corso d'acqua, e la sua portata, siano variati negli anni a causa dell'eccessivo sfruttamento idrico: a Segusino, ad esempio, nel 1959 il fiume faceva registrare una portata di 88 metri cubi al secondo contro i soli 27 di oggi; l'alveo di piena del fiume tra Fener e Nervesa si è praticamente dimezzato nel giro di pochi anni. Tutto questo, ha spiegato l'ingegner Rusconi, è avvenuto a causa della cattiva gestione dei bacini idrici da parte delle autorità che non sono al passo con la direttiva 2000/60/CE in materia di qualità delle acque e monitoraggio dei bacini idrografici. La scarsa portata del fiume ha prodotto i suoi effetti anche in questi giorni, quando nell’area suseganese si è registrata una moria di pesci, riscontrata anche dai gitanti della domenica. Caso che ripropone il problema del “deflusso minimo garantito” per la sopravvivenza del fiume e della sua fauna ittica.

Quanto al rischio alluvioni, la soluzione migliore secondo gli esperti, ribadita anche successivamente nell’intervento del professor Ezio Todini (già ordinario di Idrologia presso l'Alma Mater di Bologna), per ovviare ai problemi determinati da questi nuovi fenomeni climatici, «è rappresentata dalle casse di espansione, ovvero dei bacini artificiali che servono a ridurre la portata dei corsi d'acqua durante le piene dei fiumi». Questi, rispetto un invaso permanente, hanno il vantaggio di avere un minor impatto ambientale sul territorio e di non necessitare alcuna manutenzione. Inoltre questi bacini sarebbero spalmabili sul territorio: a progetto infatti sono già stati identificati nelle Grave del Ciano, Ponte di Piave, Spresiano e Papadopoli dei siti dove effettuare questi scarichi oltrettutto, per la gran parte, ricavati in terra demaniale, e quindi senza necessità di convenzioni o di accordi di esproprio con i privati. Paolo Forti, ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia presso l'Università di Bologna, ha rincarato la dose definendo il progetto della diga «assolutamente incompatibile con l'area carsica del Montello». «Un’area carsica - ha spiega il professore - si comporta come una spugna. Ad oggi, nell'area del Montello sono conosciute già un centinaio di grotte, ma non sappiamo quante altre ce ne possano essere. Inoltre, alcune di queste sono lunghe grotte sono lunghe diversi chilometri, quindi corriamo il serio rischio di trovarci tra qualche anno nella stessa situazione di Serijzian in Iran in cui, a causa delle spalle della diga costituite da roccia carbonatica, praticamente non riescono ad effettuare l'invaso». «Figuratevi - ha concluso Forti - cosa vorrebbe dire dover impermeabilizzare il Montello intero, dove l'acqua trova centinaia di punti dove poter defluire vanificando il tentativo di un invaso permanente».

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