Proteste a Treviso: i senzatetto chiedono soluzioni urgenti per l'emergenza abitativa
Una ventina di persone senza fissa dimora, affiancate dall'associazione Caminantes, si sono radunate davanti alla Prefettura in Piazza dei Signori a partire dalle 9.30 di stamattina (27 novembre), giovedì 27 novembre

Mattinata di protesta e richiesta di risposte urgenti a Treviso. Circa una ventina di persone senza fissa dimora, affiancate dall'associazione Caminantes, si sono radunate davanti alla Prefettura in Piazza dei Signori a partire dalle 9.30 di stamattina (27 novembre), giovedì 27 novembre. La manifestazione arriva dopo recenti eventi che hanno riacceso i riflettori sull'emergenza abitativa.
Tra questi, la tragica morte per ipotermia di Gianluca Bessegato, 58enne senza fissa dimora, avvenuta a Silea. A ciò si aggiunge l’incendio al grattacielo di via Pisa, divampato in un appartamento sfitto utilizzato come riparo di fortuna e la precarietà di luoghi come il park Dal Negro, dove molti cercano rifugio.
Verso le 11, una delegazione dei manifestanti è stata accolta in Prefettura. L'incontro è stato commentato da Gaia Righetto, portavoce dell'associazione Caminantes: “Finalmente c’è stato in incontro, anche a fronte di una richiesta fatta più di qualche settimana fa da parte di diverse associazioni. La prefettura chiede anche l’intervento del privato sociale che, di fatto, si sta già muovendo in base alle proprie disponibilità. Abbiamo fatto presente che da parte dei servizi locali non c’è una presa in carico sufficiente. Treviso è una delle prime città in Italia con il più alto numero di persone che vivono per strada rispetto alla popolazione. Ormai da anni ci troviamo in questa situazione, con persone che arrivano e attendono risposte per mese: serve una soluzione che sia sistemica e continuativa. Il ministero dà indicazione di accogliere chi arriva prima a Lampedusa e chi è registrato a Trieste: questa non deve essere la guerra a chi ha diritto per primo, tutti devono avere il diritto. Qua ci sono persone che arrivano dall’Afghanistan e sappiamo che cos’è successo negli ultimi 20 anni. Ci sono persone che arrivano dal Pakistan e, in questo momento, ci sono zone che vivono tensioni politiche, attacchi terroristici e grave situazione ambientale. Ci sono persone che arrivano per lavorare: da parte degli imprenditori c’è una continua richiesta di nuovi lavoratori, ci sono ma non viene fatto nulla per consentirgli di lavorare, di avere una casa e uno spazio caldo dove poter vivere. Come fa una persona che vive al freddo sostenere dalle 8 alle 12 ore in agricoltura? La questione riguarda anche chi qui vive da sempre”.
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