Treviso, vino in nero: sette indagati

TREVISO. «Non era un amministratore dell’Azienda agricola Vigna Dogarina, ma un semplice dipendente e per questo è anche in piedi una causa di lavoro». Si difende così, attraverso l’avvocato Luigi Fadalti, Ivano Camilotto, quarantaseienne di Chiarano, dall’accusa che gli muove la Procura di Asti di aver venduto “in nero” al gruppo criminale «ingenti quantitativi di vini bianche e rossi fraudolentemente etichettati come Doc o Igt». Secondo i magistrati l’ha fatto in qualità di «amministratore di fatto dell’azienda agricola Vigna Dogarina (azienda che dall’agosto 2016 ha una nuova proprietà, completamente estranea alla vicenda, ndr)». Accusa che viene respinta proprio perché, spiega, di quell’azienda non ne sono mai stato amministratore. «Da sottolineare poi», aggiunge l’avvocato Fadalti, «che se ci fossero stati elementi reali a suo carico sarebbe stato arrestato».
La Procura di Asti ha iscritto nel registro degli indagati anche altri sei trevigiani. Si tratta di Alessio Baschieri, 35 anni di Treviso, considerato il braccio destro di Camilotto, Moreno Scalabrin, 53 anni di Borso del Grappa, Maurizio Sieva, 59 anni di Castelfranco, Paolo Marcon, 43 anni di Oderzo, Maurizio De Pasqual, 57 anni di Nervesa, e Romolo Graziottin, 73 anni di Montebelluna. Questi ultimi tutti autotrasportatori che si occupavano di consegnare le bottiglie «tarocche».
L'inchiesta ha preso il via tre anni fa circa quando la Guardia di Finanza, in seguito ad una verifica, aveva trovato nell'azienda vinicola trevigiana 90.000 bottiglie di Sauvignon e Ribolla falsamente etichettati come Igt. Da qui sono poi risaliti alle menti dell’organizzazione. Nell'ambito dell'indagine della Finanza sono quindi state eseguite, in tutto il territorio nazionale, perquisizioni e acquisizioni documentali nei confronti di ulteriori soggetti coinvolti nella frode, in cui sono complessivamente indagate 60 persone.
Dai successivi riscontri di polizia giudiziaria è stato appurato che oltre 254.000 bottiglie di vino erano state cedute a un'impresa del cuneese che, a propria volta, le aveva distribuite sui mercati italiano e nordeuropeo con altro vino dalle medesime caratteristiche reperito da altri operatori.Le perquisizioni eseguite nei confronti della rete di società risultate coinvolte hanno permesso di sequestrare, nel complesso, circa 150.000 bottiglie di vino fraudolentemente etichettate Doc e/o Igt, nonché documentazione contabile ed extracontabile attestante il trasporto di ingenti quantitativi di vino verso il Regno Unito, il Belgio e la Germania.Con approfondimenti contabili e indagini finanziarie i finanzieri hanno poi ricostruito la filiera illecita e i sistemi di frode utilizzati per immettere in consumo vino, birra e superalcolici in evasione d'imposta.
Sul fronte italiano, le imprese produttrici operavano la cessione di modesti quantitativi di vino a operatori economici compiacenti, emettendo regolare documento di trasporto e fattura con applicazione dell'Iva. A queste stesse ditte, in realtà, il vino veniva ceduto "in nero" in quantità ben maggiori.
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