Treviso, partorire in casa nuovo trend per evitare i ricoveri: richieste triplicate

Potrebbero essere un centinaio a fine del 2020 i bambini nella Marca nati tra le mura domestiche

TREVISO. Torna in auge il parto in casa, nei due mesi di emergenza coronavirus sono triplicate le richieste alle ostetriche trevigiane in libera professione. «C’è stato un notevole aumento di domande, le future mamme mi hanno contattato per saperne di più sul tipo di percorso e i requisiti per dare alla luce il proprio bimbo in casa» conferma Ilaria Donadon, ostetrica di Conegliano. Si stima che tra i 6.600 nuovi nati in media all’anno nel Trevigiano, circa l’1% di questi venga al mondo tra le mura domestiche secondo la Società Italiana di Neonatologia. Ciò significa 70 bebè l’anno nella Marca, che potrebbero diventare un centinaio entro fine 2020. «Le tante richieste arrivate alle colleghe libere professioniste sfoceranno in un maggior numero di parti in casa durante l’estate e in autunno, poiché la decisione non può essere presa all’ultimo minuto, bisogna valutare se la gravidanza è fisiologica e se ci sono i criteri previsti per garantire la salute di mamma e bambino» spiega Daiana Bettin consigliera del Collegio Interprovinciale delle Ostetriche.

LE CAUSE. Tra i fattori che avrebbero acceso l’interesse verso il travaglio “familiare”: il timore delle infezioni ospedaliere divenuto d’attualità a causa del Covid-19. «Molte madri cercano un ambiente più tranquillo prosegue Bettin anche rispetto ai batteri buoni che colonizzano il corpo del neonato. In casa il rischio di infezioni è inferiore rispetto alle corsie ospedaliere per quanto vengano seguiti rigidi protocolli». Secondo la dottoressa Donadon va tenuto presente anche il desiderio materno di cercare un’esperienza più “intima”, «incoraggiata dal fatto che durante la pandemia i corsi preparto e l’attività consultoriale hanno patito un rallentamento, portando le donne a rivolgersi di più alle ostetriche del territorio». Gli ospedali di Treviso e Oderzo hanno invece registrato una tendenza inversa: sono diminuite le nascite, probabilmente assorbite da altri ospedali. «Nell’aprile 2019 abbiamo avuto 447 parti, nell’aprile 2020 solo 420, abbiamo perso 27 parti. Alle future mamme voglio dire: venite a partorire da noi, i nostri reparti sono sicuri» ha ribadito il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi invitando le donne ad avere fiducia nella sanità pubblica poiché garantisce alle gestanti il meglio.

LA TENDENZA. A confermare il crescente interesse delle mamme verso l’alternativa all’ospedale è anche Cuna-Spazio Ostetrico di Castello di Godego che ogni anno segue una trentina di parti a domicilio «Molte donne hanno partecipato ai nostri colloqui informativi online ed è tangibile l’interesse a saperne di più sul ruolo dell’ostetrica come figura di riferimento. Credo che l’epidemia abbia dato nuovo impulso a un movimento che vuol conoscere tutte le scelte possibili, dopo che per decenni si è spinto solo verso la medicalizzazione del parto» evidenzia Maria Angela Masaro di Cuna. Ma chi sono le donne che chiedono di partorire in casa? «Hanno un’età media tra i 30 e i 35 anni e spesso sono alla seconda gravidanza» ricorda Giulia Grando, ostetrica dello Spazio Maternage di Oderzo che, insieme alla collega Annalisa Samassa, segue una decina di gestanti l’anno, «ma è bene ricordare che il parto al domicilio non è per tutte, le linee guida prevedono che si tratti di gravidanza fisiologica, che il bimbo sia della dimensione giusta e nella posizione giusta, che l’ospedale si trovi a 30 minuti al massimo dall’abitazione. Tra le controindicazioni, ad esempio, un precedente taglio cesareo». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso