Treviso, non trova operai per i cantieri edili: i giovani rifiutano tutte le trasferte

L’allarme di Nereo Parisotto, titolare della Euroedile di Paese, «Ci mancano 30 addetti. Gli stranieri più pronti ai sacrifici»

TREVISO. Guardando le foto dei cantieri, con gli operai sospesi a decine di metri di altezza su ponti e viadotti, si potrebbe pensare che la Euroedile di Paese non trovi addetti perché il lavoro è considerato troppo pericoloso. Vertigini e sicurezza, invece, non c’entrano: secondo il titolare, Nereo Parisotto, quello che spaventa i giovani in fase di colloquio è la prospettiva di lunghe trasferte in Italia e all’estero. «Spesso partiamo la domenica sera e torniamo il sabato successivo, oppure stiamo fuori sede due settimane: quasi nessuno è disposto a farlo» racconta il titolare, «abbiamo dovuto rinunciare ad appalti importanti perché non avevamo personale. Gli extracomunitari in questo sono più disponibili». .

Cantieri lontani

Euroedile è un’impresa con un’ottantina di operai e circa 8 milioni di euro di fatturato, è conosciuta per aver restaurato “l’altro” Ponte Morandi, a Catanzaro, e per la costruzione di una passerella pedonale che ha permesso di liberare Portofino dall’isolamento dopo le mareggiate dei mesi scorsi che avevano spazzato via la strada. Altri appalti degni di nota sono stati completati sul Brennero, alla chiesa di Santa Croce di Firenze, sulla facciata del Duomo di Siena. Cantieri quasi “acrobatici”, con gli operai sospesi a diversi metri di altezza allacciati con corde e imbragature. Opere che hanno in comune anche un altro aspetto: essere a centinaia di chilometri da “casa”, condizione che costringe i lavoratori a spostarsi per periodi di una o due settimane. «E le trasferte sono proprio lo scoglio principale» dice Parisotto, «ne facciamo in Italia e all’estero, partiamo la domenica sera o il lunedì mattina e torniamo il sabato, oppure capita che si stia fuori per undici giorni lavorativi consecutivi, con un fine settimana in mezzo. E sono sacrifici che nessuno ha più voglia di fare. Di solito la motivazione è la famiglia, o la “morosa”: nessuno si vuole allontanare dagli affetti per troppo tempo. Per noi è un problema, perché spesso le lavorazioni ci vengono chieste in tempi rapidi, bisogna essere pronti a partire da un giorno all’altro». Primo appunto: non sarà che i candidati rifiutano il posto perché, semplicemente, sono pagati troppo poco? «Nessuno ha mai avuto qualcosa da ridire sulle paghe. Si arriva a guadagnare duemila euro netti al mese». Secondo appunto: lavorare sospesi a dieci metri di altezza magari non è da tutti. «Non cerchiamo operai specializzati - risponde il titolare di Euroedile - anzi, abbiamo allestito anche una scuola di formazione in azienda, con gli operai più esperti che spiegano il mestiere a chiunque voglia partecipare. Nell’ultimo anno abbiamo avuto sette iscritti, tre sono stati assunti. Cerchiamo sia manovali che “chiavi” e “mezze chiavi”, i lavoratori meno specializzati. Chi entra in azienda parte da zero e viene formato. Ne assumerei dieci subito, ma in totale me ne servirebbero almeno una trentina».

Lavoro troppo duro

Il titolare dell’azienda di Paese racconta di aver dovuto rinunciare, a novembre, a un’interessante commessa per mancanza di personale. E aggiunge una riflessione che si sta facendo largo sempre più spesso nel mondo dell’industria: «In genere, se si parla di sacrifici i lavoratori extracomunitari sono più disponibili. Le nuove norme più rigide in materia di immigrazione rischiano di penalizzare le attività come la nostra, perché di italiani non se ne trovano più. Gli stranieri sono più “affamati”, più pronti a mettersi in gioco. Nella mia azienda ho ancora dei collaboratori arrivati in Italia dall’Albania con il gommone negli anni Novanta». Dopo le proteste sul Decreto dignità e sulla manovra finanziaria, quello dei lavoratori extracomunitari (e più in generale il tema degli ingressi in Italia) si candida a diventare il primo terreno di scontro del 2019 tra industriali trevigiani e governo.

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