Treviso, mancano i lavoratori: oltre il 55 per cento dei posti è difficile da coprire
Quasi 20 mila posti di lavoro tra maggio e luglio nella Marca, ma oltre il 55% delle figure richieste è di difficile reperimento. Tecnici, operai, cuochi e camerieri tra i profili più ricercati: ecco i dati e le professioni più ricercate

Quasi ventimila posti di lavoro da coprire per i tre mesi tra maggio e luglio. Ma per le imprese trevigiane il 55,1% delle professionalità necessarie è di difficile reperimento.
Cerco, ma non trovo: il famigerato mismatch tra domanda e offerta lavorativa emerge in tutta la sua chiarezza da questi numeri. E peggiora, come evidenzia il trend.
I numeri
Nel mese di maggio erano attese oltre 6.500 assunzioni nella Marca, con una proiezione di quasi ventimila entro la fine di luglio. Numeri in crescita rispetto allo stesso periodo del 2024, che confermano una certa vitalità del mercato del lavoro trevigiano.
Tuttavia, più della metà delle posizioni richieste risulta di difficile reperimento. Parla chiaro l’analisi condotta da Unioncamere Excelsior: è la fotografia di una provincia in cui la domanda di lavoro c’è, ma l’incontro con l’offerta resta difficile.
A lanciare l’allarme è Cna mandamento di Treviso, che invita a leggere i dati come un segnale concreto: «Non siamo di fronte a un’assenza di opportunità, ma a una frattura strutturale tra competenze richieste e mondo reale del lavoro», sottolinea la presidente Lucia De Bortoli.
Le figure disallineate
Nel dettaglio, il 55,1% delle professionalità necessarie è di difficile reperimento. Il disallineamento è particolarmente marcato per operai specializzati, tecnici, meccanici, artigiani del legno, saldatori, manutentori e profili ad alta qualificazione come ingegneri e professionisti sanitari. Il 60% delle imprese richiede esperienza, mentre solo il 13% delle assunzioni è rivolto a laureati: un dato impressionante.
I giovani sotto i 30 anni rappresentano il 35% delle entrate previste, ma spesso non hanno il profilo giusto oppure vengono attratti da realtà esterne al territorio. «Viviamo una fase paradossale – osserva De Bortoli – le aziende cercano, ma non trovano. Una situazione che, in termini economici, si traduce in un ammanco grave per le aziende trevigiane. I giovani ci sono, hanno voglia di lavorare, ma spesso non riescono a trovare un legame vero con il mondo dell’artigianato e delle piccole imprese. È il momento di costruire un vero patto locale per il lavoro, capace di mettere in rete scuola, formazione, istituzioni e imprese. E noi imprenditori dobbiamo fare la nostra parte: capire che, per un giovane, il lavoro non è solo una busta paga, ma significa sentirsi valorizzato, ascoltato, parte di un progetto».
Un elemento da considerare con attenzione, secondo la Cna, è che circa il 20% delle nuove assunzioni previste nella Marca riguarda lavoratori immigrati.
Gli immigrati
Un dato, questo sui lavoratori immigrati, che racconta come il lavoro artigiano sia già oggi uno spazio concreto di integrazione, ma anche quanto sia urgente strutturare percorsi efficaci di inclusione.
«Non si tratta solo di accogliere, ma di creare le condizioni affinché queste persone possano contribuire in modo pieno al tessuto produttivo locale: attraverso la formazione linguistica, il riconoscimento delle competenze, l’orientamento professionale. In un mercato che fatica a trovare operai specializzati, tecnici e manutentori, non valorizzare questa parte di forza lavoro significherebbe perdere un’opportunità cruciale per la tenuta e lo sviluppo dell’economia territoriale», sottolinea l’associazione artigiani.
Il welfare
Un altro dei punti cardine riguarda il welfare: «Nelle nostre aree produttive, dove tante piccole imprese convivono fianco a fianco, troppo spesso non trovando servizi adeguati. Manca tutto quel sistema di servizi che renderebbe il lavoro più vivibile, più umano. È tempo di iniziare a ragionare come un territorio coeso – sottolinea Fabrizio Geromel, direttore Cna mandamento di Treviso – Non possiamo più permetterci di lasciare soli gli imprenditori, i giovani e più in generale le persone che cercano un senso, un progetto. Treviso ha tutte le carte in regola per tornare ad essere una fucina di buon lavoro. Ma serve una svolta culturale».
Il peggioramento
Il dato sulla difficoltà di reperimento di lavoratori, si era detto parlando di trend negativo, era aumentato dal 50% del 2023 al 51% del 2024, sempre secondo i dati dell’indagine Excelsior: ora il 55,1% rappresenta il picco massimo mai raggiunto.
Le prime 12 figure più difficili da reperire sono gli ingegneri dell’informazione (l’86% delle posizioni aperte faticano a trovare candidati all’altezza), seguiti da matematici, statistici e analisti dei dati (quota di difficoltà di reperimento: 76%), tecnici delle costruzioni civili (74,2%), analisti e progettisti di software (68,7%), tecnici programmatori (68,7%), disegnatori industriali (66,9%), tecnici elettronici (66%), tecnici esperti in applicazioni (65,4%), progettisti e amministratori di sistemi (63,7%), manutentori e riparatori di apparati elettronici industriali e di misura (63,1%), ingegneri industriali e gestionali (59,3%) e ingegneri energetici e meccanici (56,5%).
L’intervista

«Sempre peggio. Sempre peggio. Siamo storicamente operativi sette giorni su sette, tranne il lunedì a pranzo, ma adesso mi tocca iniziare a tener chiuso qualche giorno. Il lunedì intero, o altre mezze giornate. Non si trova personale: mi mancano tre persone in sala, per non parlare delle difficoltà nel trovare i cuochi. Io non so cosa vogliano questi ragazzi, oggi... Non è neanche tanto una questione di soldi. Più che altro, non vogliono lavorare nei weekend, né fare due turni spezzati, altri mandano il curriculum e quando li chiami neanche si presentano».
La domanda «ma avete anche voi problemi a trovare lavoratori» fa saltare il tappo ad Alfredo Sturlese.
Il titolare dello storico ristorante e osteria Toni del Spin – due passi da piazza dei Signori, centro di Treviso, lavagna che rivendica origini nel 1880 – viene toccato su un nervo scopertissimo, a quanto pare.
Sturlese, le imprese trevigiane denunciano che il 55 per cento della manodopera richiesta non si trova. Vale anche nel suo settore?
«Sì, è un problema, eccome se lo è. E va sempre peggio».
Che figure non si trovano? Camerieri? Cuochi?
«Tutte. A me mancano al momento tre figure in sala per completare l’organico e garantire le turnazioni: oggi ne ho sei, più uno a casa in malattia. Dei cuochi non parliamo neppure: difficilissimo trovarne. Adesso ho un ragazzo dell’alberghiero che finisce l’anno scolastico e verrà qui, ha 16, gli piace il lavoro, ha passione. Ma sono pochissimi».
E ve li contendete tra ristoranti, immagino.
«Sì, tocca fare la gara al rialzo, offrirgli più soldi, anche se non sono bravissimi».
Ma i soldi sono uno dei motivi per i quali non si trovano lavoratori?
«Io qui offro millecinquecento euro al mese per quaranta ore di lavoro al personale di sala, più tredicesima e quattordicesima. Non è tanto un problema di soldi, quanto di orari».
Non vogliono lavorare nei fine settimana?
«Esatto, e anche il turno spezzato fa scappare molti, ma noi non abbiamo alternative: si lavora a pranzo, poi a cena. È un problema soprattutto per chi viene da fuori città, e deve fare strada. Un cameriere che ha lavorato con me arrivava dalla provincia di Venezia, ha retto un mese e poi ha rinunciato».
Come se ne esce?
«Ah non lo so, non so cosa vogliano questi ragazzi».
E gente più avanti con l’età? Non si trova neanche quella?
«Difficile. Per il personale di sala si può anche insegnare il mestiere, per i cuochi è dura. Abbiamo messo annunci per cercare persone anche online: alcuni chiamano, poi neanche si presentano ai colloqui».
Ma con tutte queste difficoltà siete costretti a tener chiuso qualche giorno?
«Abbiamo iniziato a farlo, nostro malgrado. Noi siamo aperti sette giorni su sette, con chiusura solamente lunedì a pranzo. Ma ultimamente mi è capitato di dover chiudere per tutto il lunedì, o pensare di farlo anche in un altro giorno infrasettimanale. Ma così disoriento i clienti, che sono abituati a trovarci sempre aperti».
Entrano clienti, Sturlese li accoglie e li fa accompagnare al tavolo. Si percepisce il dolore di dover affrontare tutti questi problemi che fanno zoppicare il lavoro che ama.
Il cameriere storico del locale, 19 anni di servizio, ha una sua personale teoria: «Il Covid ha cambiato tutto. Dopo quel periodo, tra smart working e nuova organizzazione degli orari di vita e lavoro, è diventato difficilissimo trovare nuove persone disposte a fare questo mestiere».
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