Treviso, la dimora di Mazzotti è una casa vacanze. I turisti dormono tra le opere dei grandi

L’appello della figlia dell’uomo di cultura: «La Fondazione è nel limbo. Nel 2021 si celebrano i 40 anni dalla morte di mio padre: salviamola» 

La storia

Nel 2021 Treviso celebrerà i 40 anni dalla morte di Giuseppe Mazzotti. O almeno dovrebbe, perché rischia di disperdersi la memoria del nume tutelare delle ville venete, scrittore, pittore, alpinista, ambientalista. Diversa dal Premio di San Polo di Piave che ha altra gestione, la Fondazione Mazzotti è infatti commissariata da nove mesi, retta temporaneamente da un funzionario della Regione Veneto.

il declino

La Fondazione infatti versava in difficoltà economiche e gestionali, con partner importanti fuoriusciti (come la Camera di Commercio) e senza finanziamenti che le permettessero di gestire l’immenso patrimonio di libri, riviste e beni immateriali lasciati in eredità dal grande personaggio trevigiano, che ha segnato la storia cittadina e quella personale di coloro che lo hanno incontrato.

SPARVOLI TREVISO MOSTRA G. MAZZOTTI A VILLA LETIZIA, IN FOTO LA FIGLIA ANNA MOSTRA MAZZOTTI A VILLA LETIZIA
SPARVOLI TREVISO MOSTRA G. MAZZOTTI A VILLA LETIZIA, IN FOTO LA FIGLIA ANNA MOSTRA MAZZOTTI A VILLA LETIZIA


la figlia del maestro

La più addolorata è la figlia del maestro, Anna Mazzotti Pugliese, che proprio l’altro giorno ha riaperto la questione durante una cerimonia in Palazzo Rinaldi. L’occasione: la consegna di una pergamena ad Antonio de Marco, anima dell’Antelao e di Treviso in Fiore, cultore di trevigianità e allievo di Mazzotti quando questi dirigeva l’Ente provinciale per il turismo. «Ho parlato con il sindaco Mario Conte e mi è sembrato disponibile, così come lo era stata l’assessore alla Cultura Lavinia Colonna Preti», dice la figlia. Nei prossimi giorni è infatti previsto un incontro in municipio anche perché Conte dice di non voler lasciar passare sotto silenzio un anniversario così importante, ricordato nella targa affissa all’esterno di Palazzo Scotti dove Mazzotti, classe 1907, operò per oltre 20 anni “precursore della promozione turistica della provincia di Treviso”, come si legge nell’incisione che potrebbe andar perduta, poiché il palazzo è in vendita.

l’appello

«Io vorrei farne una di famiglia, di targa, da porre sulla casa di viale Cairoli dove papà è vissuto» confida Anna, precisando che quell’edificio sul Put, alla curva Bricito, trasformato in casa vacanze, oggi è una sorta di museo aperto per chi lo sa apprezzare. Molti sono i turisti che una volta entrati rimangono a bocca aperta ammirando i quadri di Mazzotti e degli amici Sante Cancian, Francesco Piazza, Giovanni Barbisan, Nino Springolo, Arturo Malossi, tanto per citarne alcuni. Mentre nell’altra casa, quella di campagna a Castagnole, di Anna e del marito Francesco Pugliese, diventata B&B, ci si può imbattere nelle sculture di Arturo Martini o nei quadri di Gino Rossi. «Eppure nessuno in questi anni ha rubato uno spillo fatta eccezione per un paio di libri a Castagnole». La famiglia nutriva la speranza che il Comune in passato acquisisse la casa di Mazzotti, morto nel 1981, per trasformarla in una pinacoteca di artisti veneti. Ma i tempi sono sempre più difficili. Nel frattempo la famiglia ha fatto donazioni al Museo Bailo, tra cui un gesso di Martini; mentre al Fast della Provincia è stato affidato il fondo fotografico composto da 123 mila scatti.



i 14 mila libri

La mole di libri pari a 14 mila titoli giace nella sede dell’ex Archivio di Stato in via Marchesan, di proprietà provinciale. Il materiale conta pure preziose riviste datate tra gli anni 20 e 40 del Novecento: giornali letterari, di alpinismo e montagna, ecologia e ambiente poiché la sensibilità di Mazzotti precorreva i tempi. Lui era convinto che tutelare la memoria collettiva significasse preservare il paesaggio, le antiche costruzioni venete, le piante, i fiori, gli antichi mestieri. E senza memoria non si costruisce alcun futuro. Tutto ciò ce l’aveva nel sangue fin da ragazzo, quando in bicicletta esplorava le campagne attratto dai ruderi di quelle che un tempo erano le sfarzose dimore veneziane legate alle proprietà agricole. «Vedeva un ciuffo d’alberi secolari ed esultava sicuro di trovare tesori nascosti», racconta la figlia che oggi vorrebbe tramandare alle nuove generazioni quell’entusiasmo e quella passione. Serve però far emergere la Fondazione dalla nebbia: «Speriamo che qualcosa si metta in moto, siamo fiduciosi» aggiunge ripensando alle parole espresse dal governatore Zaia quando l’Unesco proclamò patrimonio dell’umanità le Colline del Prosecco: «Se siamo arrivati qui», disse allora il governatore del Veneto, «lo dobbiamo anche a figure importanti come Mazzotti». Ora si tratta di passare dalle parole ai fatti. —

Laura Simeoni
 

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