Treviso, il broker Jelmoni condannato a dieci anni: sequestrate ville e quadri per 20 milioni

TREVISO. Possedeva lussuose ville in Sardegna ed eccezionali opere d’arte, tra cui anche un quadro di Picasso, nonostante avesse dichiarato al fisco italiano appena 5. 000 euro negli ultimi dieci anni. Il tribunale di Milano ha ora disposto il sequestro di beni per un valore complessivo di 20 milioni di euro nei confronti del broker trevigiano (o “ingegnere fiscale” come affermano dalla Guardia di Finanza) Alessandro Jelmoni, 53 anni, in passato con il fratello Paolo nel cda della “Reginato & Mercante”, società di consulenza finanziaria con sede in piazza San Francesco.
Non è la prima volta che Jelmoni finisce nel mirino della giustizia: nel 2012 venne arrestato perché accusato di aver architettato un sistema per portare all’estero, sottraendoli al fisco italiano, circa 200 milioni di euro e per questa vicenda, pochi giorni fa, è stato condannato a dieci anni e sette mesi di reclusione condannato in primo grado a dieci anni e sette mesi di reclusione.
il lusso
Tra i beni che sono stati sequestrati a Jelmoni ci sono due lussuose ville e 20mila metri quadri di terreni in Sardegna, 67 oggetti d’arte e di antiquariato, tra cui dipinti di artisti come Pablo Picasso, Lorenzo De Caro e Niccolò Cassana (detto Nicoletto) varie sculture, mobili ed oggetti di arredo, argenterie, gioielli antichi, pendoli ed orologi, risalenti al XVII e XVIII secolo. Il consulente finanziario, residente all’estero, era stato coinvolto anche nello scandalo dei Panama Papers. Secondo i pm che hanno lavorato all’indagine era a capo di un’associazione per delinquere internazionale finalizzata al riciclaggio di denaro derivante da evasione fiscale, tanto che le indagini condotte dai finanzieri del G. I. C. O. – Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata delle fiamme gialle, hanno seguito le procedure della normativa antimafia.
la finanza
Gli interessi del milionario consulente finanziario erano in Lussemburgo, Svizzera e Gran Bretagna, ma le società che creava avevano quasi sempre sede in paradisi fiscali. Uno di questi era l’isola di Jersey, nella Manica, dove veniva nascosto parte del patrimonio, amministrato da una società lussemburghese. Le scatole cinesi delle società da lui create portavano poi tra Uk, Liechtenstein e Lussemburgo, ma il capitale sociale apparteneva ovunque a due compagnie italiane con sede a Milano, proprio a casa di Jelmoni. Il broker risultava però nei registri dei residenti all’estero, dal 1992. I finanzieri hanno dovuto analizzare tonnellate di documenti societari e ricostruire tutti i passaggi bancari gestiti dalle «strutture off-shore opache» che lui realizzava.
l’arte
«L’investimento in opere d’arte rappresenta una delle più efficaci, ricercate e remunerative strategie di riciclaggio di proventi illeciti riscontrate in ambito internazionale», ha spiegato il procuratore di Milano Francesco Greco commentando l’operazione. Il procuratore parla di complesse indagini «che hanno richiesto, tra l’altro, l’esecuzione di articolati accertamenti bancari, diretti a riscontrare l’origine delle provviste impiegate» e «l’analisi di ingente documentazione contabile e societaria» per «ricostruire le operazioni sottese agli investimenti immobiliari e finanziari» attraverso «strutture offshore opache». Nel corso delle indagini c’è stato anche un «proficuo scambio di dati e informazioni pervenuti dal collaterale Organismo lussemburghese, per tramite del Comando Generale-II Reparto della Guardia di Finanza».
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