I Trevisani nel Mondo e l’asse con l’Argentina: «Contatti con l’Usl 2 per infermieri e oss»

L’emigrazione di ritorno con i trecento disposti a lavorare nella Marca. Franco Conte: «Sono ambiziosi, l’interesse delle aziende è solido»

Andrea Dossi
Franco Conte al microfono: è il presidente dei Trevisani nel Mondo
Franco Conte al microfono: è il presidente dei Trevisani nel Mondo

Il ritorno dei discendenti trevigiani, a oltre un secolo di distanza dalla grande migrazione di italiani in America Latina in cerca di fortuna, suscita l’interesse delle imprese della Marca alla ricerca di personale. Ma anche della sanità dove mancano figure come gli infermieri e gli operatori che assistono le persone anziane.

Emigrazione di ritorno: 300 italo-argentini a in provincia di Treviso per lavorare
Il presidente dei Trevisani nel Mondo, Franco Conte (secondo in alto a destra), con i compaesani in Argentina

Dalle pampas argentine, ma anche dal Brasile, oltre 500 italo-sudamericani si sono candidati per sbarcare in provincia. Il 50 per cento dei profili raccolti dal Comitato delle Associazioni Venete dell’Argentina (Cava) - circa 300 - ha una laurea: tra loro ci sono medici, avvocati e ingegneri. C'è un punto, però, da considerare: le aziende locali cercano principalmente manodopera non specializzata. Da sempre a fare da ponte tra la Marca e i discendenti dei trevigiani all’estero è l’Associazione Internazionale Trevisani nel Mondo che segue con interesse il progetto del Cava, quello di portare nella Marca lavoratori italo-argentini. A parlarne è il presidente Franco Conte.

Conte, l'asse Treviso-Sud America si sta muovendo. Che segnali ha percepito?

«Sì, ci sono movimenti. Il Cava ha avviato dei contatti con Veneto Lavoro. Diverse aziende della provincia si sono rivolte a me per avere informazioni. C'è interesse per questo progetto da parte del tessuto economico locale».

Quali sono le richieste che le aziende del territorio le stanno facendo?

«Le richieste sono molto varie, come le aziende stesse che operano in settori diversi. Le figure più ricercate al momento sono i camerieri, credo che sia la lacuna più grande. Ma ci sono anche richieste per le costruzioni e per il settore metalmeccanico. In generale, per la maggior parte si tratta di personale non particolarmente qualificato, come operai senza specializzazioni. Ci sono stati contatti anche con l’Ulss, pur sapendo che loro hanno canali di selezione diversi e che le loro richieste sono più tecniche».

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In particolare, cosa serve all'Ulss?

«Loro hanno bisogno di infermieri e di assistenti nelle case di riposo. È un fabbisogno costante e, a quanto pare, difficile da colmare con il personale locale».

I profili che arrivano dall'Argentina sono spesso qualificati. C’è un disallineamento tra domanda e offerta?

«Sì, è un aspetto che va considerato. Conoscendo la mentalità e l'ambiente in Argentina, so che alcuni potrebbero adattarsi a fare lavori meno qualificati, ma è una soluzione temporanea. Gli argentini, in generale, sono persone molto ambiziose. Le faccio un esempio. Conosco un agente immobiliare che in Argentina non vedeva un futuro e ha deciso di trasferirsi in Italia. Il suo obiettivo era proseguire il suo lavoro, ma per un anno ha dovuto studiare per far riconoscere il suo titolo di studio. Nel frattempo, per mantenersi, ha fatto il cameriere per diversi mesi, ma aveva sempre in mente di tornare a fare il lavoro per cui aveva studiato. Questa mentalità è molto diffusa».

I candidati provengono solo dal Sud America?

«Al momento i contatti sono solo con Argentina e Brasile. Negli anni scorsi avevamo visto un flusso di persone dal Venezuela, ma la situazione si è interrotta. Credo che sia un riflesso della difficile crisi che stanno vivendo in quel Paese». 

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