Trevignano, dalla paralisi alla maratona di NewYork

Aveva perso le gambe in un incidente nel 2012, adesso Venturato è in piedi e scrive a Bortuzzo: «Credici, ce la farai»

TREVIGNANO. Quando ha tagliato il traguardo della maratona di New York ha pensato «vale sempre la pena di tentare e dare il massimo».. Anche quando la vita ci mette davanti a una prova impossibile come accaduto ad Antonio Venturato, papà, 50 anni di Trevignano. Era l'11 settembre 2012 quando un'auto è piombata addosso alla sua moto e lui è stato sbalzato via.

Un volo di sedici metri, l'impatto al suolo gli ha danneggiato il midollo spinale in modo irreversibile. «Ricordo la parata di medici davanti a me sul letto d'ospedale, mi dissero senza troppi giri di parole che le lesioni erano troppo gravi e che non sarei più tornato a camminare» ricorda Antonio. Ma la sua speranza non è mai venuta meno. Mesi di terapie, la riabilitazione e poi un intervento di applicazione di piccole protesi per ripristinare il passaggio delle informazioni nervose dal cervello al corpo. L'operazione era andata bene, ma la diagnosi era rimasta invariata. «

Non ho mai ripreso la sensibilità dalle ginocchia in giù, devo stare attento perché non mi rendo conto se l'acqua è bollente, per esempio. Eppure non mi sono arreso. Sarà che sono un ex paracadutista della Folgore e non mollo mai, così ho fatto sempre.

Dopo il ricovero, quando potevo, cercavo di rimettermi in piedi» spiega Antonio. Lo faceva di nascosto da tutti per evitare di creare false illusioni. Abbandonava la sedia a rotelle per sorreggersi con il girello, poi due stampelle e infine il bastone, cercando ogni giorno di migliorare l'equilibrio e di abituare il suo corpo a sostenersi con i muscoli del bacino. Un minuto in più, dai ancora un passo. «Buttavo via le stampelle e cercavo di fare sempre più strada, quindici metri camminando sempre più veloce e così via». I progressi aumentavano a vista d'occhio. Era il 2014, dopo un paio di mesi Antonio decide di partecipare alla maratona di New York. Così è stato, 4 ore e 59 minuti, finalmente l'arrivo. «Per prima cosa ho guardato il cielo e pensato che mia sorella Daniela mi stava guardando da lassù» racconta Antonio con tutta la commozione di quel momento ancora addosso.

Poi sono arrivate altre sfide: Parigi, Malaga, prossimamente Lisbona. Accanto a lui la moglie Raffaella e i suoi figli. Quando Antonio ha sentito la storia di Manuel Bortuzzo, il nuotatore trevigiano rimasto paralizzato durante una sparatoria a Roma lo scorso 3 febbraio, ha rivisto un pezzo di sé stesso e ha deciso di scrivergli una lettera. «Manuel ha positività da vendere, ma ho voluto infondergli anche la mia» conclude Antonio. Il messaggio appuntato è forte e chiaro: «La vita è fantastica e tu Manuel riuscirai a fare cose incredibili. Io corro le maratone senza sentire le gambe, non vedo l'ora di rivederti in piedi e venire di persona ad abbracciarti. Tieni duro».

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