Travolti e uccisi dal tir Maserada ricorda i ragazzi del ’69

Maserada ha ricordato i suoi "Ragazzi del Primo Ottobre", nel trentesimo anniversario della strage di Varago. Una serata, quella di mercoledì, per non dimenticare la pagina più dolorosa della storia del paese. Michele Tonon, Fabio Denis, Mauro Milanese, Barbara Vertieri, Fiorenzo Vendrame, Cinzia Ungaro e Luisa Paola Trevisi, tutti giovani tra i 13 e i 22 anni, stavano rientrando a casa in corriera quando il mezzo venne sventrato nell'impatto con un camion.
Una serata che si è snodata tra ricordi, riflessioni, i canti della Corale Ravel. Nelle prime file, i familiari dei ragazzi. Struggente la lettera firmata da "una mamma" che il 1 ottobre 1984 perse il suo ragazzo. "Se tutte le mamme che hanno perso un figlio urlassero a gran voce il loro dolore, il mondo crollerebbe. Ma la vita è più forte della morte, ci costringe ad andare avanti. Noi mamme siamo come condannate a continuare la nostra vita che certo rimane, ma il cuore è morto. Ci consola solo il vostro spirito dolcissimo che ancora ci rimane accanto, immutato fin da quell' istante."
Nel corso della serata è stata letta una poesia sulla fine che Barbara Vertieri aveva scritto qualche mese prima di morire. E ancora il pensiero della classe 1969, la più colpita dalla tragedia, "Gli anni sono passati, ma ovunque noi siamo il ricordo di voi e per voi rimane immutato. Ciao ragazzi", e poi l l'intervento di don Giorgio Morlin, ex cappellano di Maserada. La serata è stata preceduta dalla messa in suffragio dei ragazzi. In chiesa, tanta gente, l'ennesimo segno che i "Ragazzi del Primo Ottobre" dopo trent'anni sono ancora nel cuore dei maseradesi.
Ci sono immagini che raccontano fatti di cronaca capaci di restare scolpite nella memoria collettiva. Ci sono tragedie che travalicano i confini delle famiglie colpite dal lutto per diventare la tragedia di un’intera comunità. Questa è la strage di Varago di Maserada.
Oggi da quel giorno sono trascorsi trent’anni: era il 1 ottobre 1984, un lunedì, ore 13.45. Via Trevisana, poco fuori dall’abitato della frazione, diventa il teatro di uno dei più grandi drammi trevigiani dell’ultimo mezzo secolo.
Un dramma grande non solo perché a perdere la vita nell’incidente erano stati sette giovani dai 13 ai 21 anni. Ma grande perché i “Ragazzi del Primo Ottobre”, così vengono chiamate le vittime della tragedia, da allora sono diventati figli, fratelli, nipoti di tutti i maseradesi, in una tragedia collettiva che ha segnato indelebilmente la storia della comunità lungo il Piave ma anche l’intera Marca, sotto choc davanti all’immagine della corriera su cui viaggiavano i giovani che era stata letteralmente sventrata nella parte sinistra dopo l’impatto con un camion.
E anche oggi, a trent’anni di distanza, la strage di Varago resta viva nella memoria di tutti i maseradesi, senza distinzione di età: di chi c’era allora e l’ha vissuta direttamente, in un coinvolgimento corale che non ha risparmiato nessuno, ma anche di chi non c’era e ne ha sentito parlare in casa, a scuola, in parrocchia, perché il filo della memoria, trent’anni dopo, non si è spezzato.
Michele Tonon aveva 13 anni ed è stata la più giovane vittima dell’incidente. Fabio Denis di anni ne aveva 14, Mauro Milanese ne avrebbe compiuti 22 dopo qualche giorno. Padre di una bimba di pochi mesi, era l’unica vittima che non viveva a Maserada ma a pochi chilometri al di là del Piave, a Cimadolmo. E poi i ragazzi della classe 1969, falcidiata dalla strage: Barbara Vertieri, Fiorenzo Vendrame, Cinzia Ungaro e Luisa Paola Trevisi, che proprio quel 1 ottobre compiva 15 anni.
Al bollettino di guerra della strage di Varago si aggiungevano poi tre ragazzi gravemente feriti, che a lungo hanno lottato tra la vita e la morte, e diversi altri meno gravi. Ma la ferita della comunità, quella è impossibile da rimarginare e ieri come oggi brucia e fa soffrire.
A bordo della corriera della morte, i ragazzi stavano rientrando a casa dopo la scuola che frequentavano a Treviso e Lancenigo di Villorba. Mauro Milanese, invece, tornava dal turno come impiegato dai vigili del fuoco.
In quindici erano scesi a Varago e saranno ricordati come “i miracolati di Varago”, coloro che hanno scampato la morte per un soffio.
Non lontano dal centro della frazione, lungo la provinciale verso Maserada, successe l’imponderabile.
All’altezza di una curva molto stretta, cancellata dal nuovo asse stradale dopo un’infinita serie di polemiche che seguirono al dramma, il camion rimorchio si trovò davanti la corriera e, secondo la ricostruzione, frenò e sterzò sulla destra.
La motrice riuscì a passare, mentre il rimorchio urtò la fiancata del bus, infilandosi nella lamiera del mezzo e squarciandola. Morirono i giovani passeggeri seduti sul lato sinistro del pullman, a ridosso del finestrino. Alcuni di loro si erano seduti là da pochissimo, prendendo il posto degli amici appena scesi a Varago. Una scena infernale, quella alla quale si trovarono di fronte i primissimi soccorritori: corpi devastati, decapitati, fatti a pezzi.
«Un macello», ripeteva singhiozzando l’autista della corriera che finì sotto inchiesta per omicidio colposo e strage colposa insieme al conducente del camion.
Entrambi, autista della corriera e conducente del camion, furono condannati in Cassazione.
E poi la causa civile, durata ben 19 anni. Ai funerali dei ragazzi, officiati dal vescovo monsignor Antonio Mistrorigo nella chiesa di Maserada, anticipati da tre giorni di lutto cittadino, parteciparono oltre tremila persone. Insomma l’intero paese. Segno di un lutto collettivo per un paese che dalla strage di Varago non è più lo stesso: è cresciuto sotto il peso del dolore e del ricordo e si è fatto ancor più comunità.
Rubina Bon
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso