Tetto del condominio distrutto dal rogo, condannati impresario e direttore lavori

L’incendio a Gorgo: un anno al costruttore e otto mesi al direttore dei lavori. La canna fumaria non rispettava le norme di legge. L’incendio rese il Residence Giardino B inagibile per sette mesi

Marco Filippi
L'incendio al Residence Giardino B a Gorgo
L'incendio al Residence Giardino B a Gorgo

Era il 19 dicembre di quattro anni fa quando nel condominio “Residence Giardino B” di via Petrarca a Gorgo dal tetto si scatenò un incendio che distrusse 400 metri quadrati di copertura, due mansarde, rendendo inagibile per 7 mesi l’intera palazzina di 24 appartamenti.

Fin dai primi momenti, grazie alle testimonianze degli inquilini e pompieri, fu chiaro che l’incendio si sviluppò dalla canna fumaria, interna al muro, collegata a una stufa a pellet di un appartamento. Il condominio fu dapprima posto sotto sequestro e, poi, fu dato il via ai lavori con gli inquilini, quasi un centinaio, costretti ad andare a vivere da parenti o altrove.

Ora, a distanza di oltre quattro anni dal fatto, è arrivata la sentenza del giudice delle udienze preliminari Carlo Colombo che ha condannato le due persone finite a processo con l’accusa di incendio colposo: Aurelio Zanchetta, 79 anni di Gorgo, è stato condannato ad un anno di reclusione mentre l’ingegner Giancarlo Casetta, 67 anni di Oderzo, è stato condannato a 8 mesi di reclusione. In pratica sono state accolte le richieste della pubblica accusa.

Il primo era stato chiamato in causa come il titolare della società proprietaria e costruttrice dell’immobile, la Costruzioni Zanchetta Aurelio srl, mentre il secondo come direttore dei lavori.

Cosa contestava la procura agli imputati? L’aver realizzato - come si legge nel capo d’accusa - una canna fumaria a servizio di un’unità immobiliare posta al piano terra dell’edificio stesso, in violazione della normativa tecnica di riferimento per materiale utilizzato e modalità di costruzione.

Un fatto questo che causò l’innesco di un incendio, sviluppatosi nella zona in cui la canna fumaria attraversava la copertura dell’edificio, per propagazione del calore della canna fumaria alla struttura in legno del tetto. Un capo d’accusa su cui ha avuto peso l’esito della consulenza che la procura ha affidato al geometra Augusto Zilio, il quale nelle conclusioni punta il dito contro il costruttore che “al momento dell’installazione della canna fumaria ha completamente ignorato le norme vigenti”.

«L’installatore della stufa - si legge nelle conclusioni del consulente - non ha seguito tutte le norme e le indicazioni del manuale di installazione. Il tecnico installatore al termine dei lavori doveva rilasciare una dichiarazione di conformità dell’impianto e verificare che il camino preesistente fosse conforme alla normativa vigente tendendosi conto pertanto che in questo caso era necessario provvedere all’adeguamento della canna fumaria realizzando la camera di raccolta di materiali solidi e di eventuali condense sotto l’imbocco del canale del fumo, in modo da essere facilmente pulita grazie allo sportello a tenuta d’aria che la rendeva ispezionabile».

Secondo il consulente del pm «il tecnico non poteva sicuramente accorgersi delle difformità di installazione della canna fumaria dov’era inserita nella struttura del fabbricato o dell’esecuzione imperfetta del comignolo sul tetto, punto dal quale è iniziato l’incendio».

In definitiva a causare il furioso incendio fu il «contatto del legno del sottotetto con il comignolo». Un inquilino, che era pronto a costituirsi parte civile, non accettando il rito ottenuto dagli imputati, si rivolgerà al giudice del tribunale civile.

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