«Tessile in crisi per troppa delocalizzazione»

Roberto Bottoli, delegato per l’abbigliamento, attacca le scelte dei grandi marchi: «Ma il nostro settore è ancora vivo»

treviso. Primo: dietro la crisi del tessile (o meglio, di alcuni suoi marchi storici) c’è la scelta scellerata di delocalizzare quando gli affari andavano bene, portando all’estero le produzioni ma rinunciando a qualità e innovazione. Secondo: il settore, nel suo complesso, è ancora vivo, vivissimo, ricco di marchi locali con performance da fare invidia ai big in crisi. Sono i due concetti su cui insiste Roberto Bottoli, titolare dell’omonimo lanificio vittoriese, delegato Confindustria Veneto per il tessile e l’abbigliamento, consigliere di Assindustria Venetocentro con delega al Made in Italy. Negli anni non si è mai tirato indietro se si trattava di criticare le scelte (per esempio) della famiglia di Ponzano, oggi non ci sta a sentir parlare di settore in crisi “solo” perché soffrono Benetton, Olimpias, Stefanel e Lotto.

la critica ai big
«L’universo moda in provincia di Treviso è un mondo molto variegato e le aziende citate in situazione di crisi, anche se mediaticamente significative, rappresentano solo una frazione dell’insieme» argomenta Bottoli, «guarda caso tali aziende sono state fra i principali delocalizzatori, scelte legittime ma non particolarmente premianti. Vanno ricordate varie occasioni in cui alcuni loro vertici “illuminati” criticavano chi si ostinava a produrre in Italia e cercava di sostenere il vero Made In Italy». Perché la delocalizzazione si è rivelata un boomerang? «Ha portato a prodotti più semplici e meno innovativi, è stato un impoverimento. Non parlo di etica, ma di produzioni che in questo modo non sono state valorizzate il giusto».

il made in italy

Sull’altro lato della medaglia c’è un distretto, quello della “moda” trevigiana (tessile e abbigliamento), che vale 2,4 miliardi di euro di export. Da qui - e dalle produzioni Made in Italy - bisogna ripartire secondo Bottoli: «Moltissime nostre aziende trevigiane e venete perseverano nell’impegno a garantire occupazione, produzioni di eccellenza e un saldo commerciale largamente attivo. Ci sono tanti imprenditori che vivono con il vero Made in Italy e sanno farsi apprezzare». La sfida del 2019 sarà attrarre giovani: «I comportamenti di alcuni player hanno contribuito alla disaffezione dei ragazzi verso questo mondo, causando il mancato apporto di nuove leve e grandi difficoltà al nostro settore nel ricambio generazionale di tecnici e operatori. Ma siamo convinti che ci siano ottime basi per invertire la tendenza». —

Andrea De Polo

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