Telsey fallita, 35 dipendenti a casa

L'azienda di Quinto crolla sotto i debiti: per i lavoratori sarà chiesta la cig
 Chiude la Telsey. L'azienda di Quinto, fino a pochi anni fa leader nella progettazione di apparecchiature per le telecomunicazioni, ha aperto la procedura di liquidazione chiedendo il fallimento dopo soli 20 giorni. Nel 2006 dichiarava un fatturato di 79 milioni, crollato a 30 nel 2010. A casa i 35 dipendenti rimasti, quasi tutti tecnici, per i quali verrà chiesta la cassa integrazione.  Con 10 brevetti depositati e l'apertura di filiali all'estero - Scandinavia, Spagna, e centro di ricerca in Austria - Telsey si era distinta nello scarno panorama della aziende high tech trevigiane per un dinamismo sconosciuto negli anni '90. A testimoniarlo il premio Veneto Innovazione assegnato nel 2001 come riconoscimento dell'elevato grado di ricerca e innovazione, destinato a rimanere un ricordo.  Fondata nel 1993 dall'attuale azionista e ad, il mestrino Andrea Bosio, Telsey aveva bruciato le tappe, progettando e mettendo in commercio apparecchi per le telecomunicazioni (come modem e router) per aziende quali Cisco Photonix, Pirelli Cavi e Italtel, salendo sul carro di Telecom nel 1997, con cui sviluppò nuove soluzioni per internet. L'accesso veloce alla rete tramite banda larga era la nuova frontiera del manifatturiero, con ordini in crescita e un mercato ancora tutto da esplorare.  Prospettiva sgonfiatasi nel giro di 15 anni: Telsey è precipitata nel vortice dei debiti. A remare contro la crescita è stata poi la concorrenza, soprattutto estera, che carpita la tecnologia ha cominciato a replicarne prodotti e successi in chiave low cost.  «Abbiamo avuto problemi sia finanziari, per rispettabili clienti che non ci pagavano, sia di concorrenza - spiega Bosio - Il fallimento è stata una scelta forzata, ma ormai inevitabile. Siamo amareggiati, abbiamo sempre fatto un lavoro egregio, creando un'azienda di punta fiore all'occhiello per il Veneto. A metà di questo decennio eravamo leader di mercato».  Già nel 2009 i primi contraccolpi: perdita d'esercizio pari a 2,2 milioni, con una riduzione del patrimonio netto a 3 milioni, e debiti totali a 23 milioni, di cui 15 vantati dalle banche e 6,7 dovuti alla catena di fornitori. Tra le avvisaglie il mancato pagamento degli stipendi dei lavoratori della Telsey di Benevento, dov'era stata inaugurata un'altra filiale. La situazione venne denunciata con clamore nel 2010 aprendo così uno squarcio nei conti della società, controllata al 48,25% da Flitel, al 21,75% da Berger Trust e per il rimanente 30% dalla Broadex Nv, società di diritto belga.  Nel 2010 Bosio è entrato con Thomas Panto (titolare di Antenna3) nel capitale dell'incubatore di aziende digitali H-Farm, affiancando la sua esperienza a quella di Riccardo Donadon.

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