Suicida a 12 anni: «Scatenante un piccolo trauma. Parlarne è già fare prevenzione»

VITTORIO VENETO. Dietro al terribile gesto di un adolescente che decide di togliersi la vita si insinua, forse in maniera inaspettata, l'idea che la morte non sia appannaggio dei soli adulti. Lo dimostra questa vicenda. Un episodio che allunga il filo rosso dei giovani che hanno provato a farla finita nella Marca.
Cosa può spingere un ragazzino verso il suicidio?
«È molto difficile rispondere», evidenzia il professor Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicoterapeuta, tra i più importanti esperti italiani, «Bisogna capire in quale atmosfera si è consumata l’accensione della fantasia suicidaria e la sua trasformazione in progetto e quindi in comportamento. Prima di tutto dovremmo tenere presente una cosa: nel venti per cento degli adolescenti c’è una fantasia suicidaria che non è un fatto patologico. Questa idea è legata all’adolescenza. I bambini hanno paura della morte per gli altri, gli adolescenti scoprono che anche loro moriranno. A quel punto il pensiero può essere accantonano, ma alcuni, invece, lo prendono in considerazione».
Come si può distinguere l’immaginazione dal pericolo?
«Ci sono molti modi di esprimere il contatto con l’idea della morte. Non a caso ai giovani piacciano i travestimenti di Halloween, film orribili e giostre che sono espressione della sfida alla morte. A questo si possono aggiungere dei comportamenti rischiosi che mettono a repentaglio la propria incolumità. In altri casi si decide di darsi la morte».
Quali fattori possono portare a un gesto così estremo? «Ci possono essere delle vicende infantili che si esprimono in adolescenza, ma il più delle volte si tratta di un colpo di scena che lascia tutti sbigottiti. Magari si verifica un piccolo trauma recente, una delusione scolastica, un ripudio amoroso, un attacco di cyberbullismo, fattori esterni che possono accendere un progetto già radicato».
Quindi è estremamente complicato individuare il disagio?
«Purtroppo il ragazzino non emette dei segnali premonitori. La fantasia suicidaria risiede nella mente profonda e non lascia trapelare dei segni di sé. Si poteva capire? La risposta è no. Il giovane svela il suo segreto facendo trovare il suo cadavere. Un epilogo che lascia genitori, docenti e compagni traumatizzati e confusi».
Cosa si può fare per arginare il fenomeno?
«Bisogna pensare a una prevenzione verso il suicidio, non come malattia ma come tema di educazione rispetto alla vita. L’educazione di solito inorridisce all'idea di parlare della morte, invece bisognerebbe affrontare l'argomento per evitare di lasciare pericolosi vuoti».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso