Storia e storie di calcio. La stella del Giorgione brilla da cent'anni
Era il 1911 quando un po' di ragazzi costituirono ufficialmente l'Us Giorgione

SERIE B. In alto, lo spareggio alla Cioere con cui il Giorgione meritò la «B» per il 1922-23
CASTELFRANCO. Adesso finalmente ci siamo. Giunti al fatidico 2011, fanno davvero cent'anni. E parlare di una bella pubblicazione sul centenario del Giorgione Calcio non può più (fùtebol, sport rude ma di dive, quindi ancora schiavo di due parastinchi portafortuna) portare pegola a nessuno.
Era il 1911 - e per la precisione un Capodanno senza fumi alcolici - - quando un po' di ragazzi, che già nel 1908 avevano introdotto quello sport inglese a Castelfranco, costituirono ufficialmente l'Us Giorgione. Cinque giorni dopo la nazionale esordiva con la prima maglia azzurra, 22 giorni dopo viene inaugurato il Marassi e viene varato il Titanic; Castelfranco è retta da una giunta liberal-democratica appoggiata dai socialisti (la maglietta rossa non è un caso). Da qui prende le mosse, naturalmente, il prezioso volume «Una stella, 100 anni, mille storie» firmato da Stefano Negro, nostro collaboratore, uomo libero, motociclista felice, nonché storico della squadra rossostellata, alla quale aveva già dedicato un libro.
Senza far le pulci ai santi, se c'è una cosa che manca in questo bellissimo volume (solo la parte iconografica vale almeno tre volte i 25 euro di copertina) che racconta sì il calcio, ma anche, molto, Castelfranco, le sue secolari bizze da città e i suoi splendidi cotè da paesotto con mura in cui tutti si conoscono, è un pizzico di vernacolo, qualche scheggia dialettale che negare è delittuoso. Perchè, appunto, il Giorgione e Castèo sono anche fatti di fumosi bar, riti plebei, momenti accesi in cui litaliàn è assolutamente bandito. E, specie alle prime pagine, quelle dei tempi eroici in cui Uembelèi ancora è mito, sarebbe bello trovarci tutte le storpiature dell'inglese con cui, per darsi un po' d'arie (poi arriveranno i rugbisti), si condiva il commento tecnico. Il mitico ossài che diventerà fuorigioco, l'àu che riconosceremo per fallo laterale, le opportunità del còrne con inzuccate sul feroce spago che spesso portavano a tre punti di sutura in fronte. Non manca - anzi - invece il rigore della ricostruzione precisa.
Questo, giusto per fare un po' di critica, sennò finisce che imbrodiamo in modo sospetto il nostro amico Negro. Ma quando si racconta la storia, e lo si deve fare bene come merita un centenario, magari non c'è tempo per fare letteratura e meneghellismo, o per autocitarsi come farebbe (e fa) qualcun altro. E allora via, con la divisione per epoche storiche e storie epocali, miti della prima ora (Pippo Forlivesi, il primo nazionale, che a Castelfranco faceva l'impiegato delle Ferrovie, oppure l'infinito Ostani e la sua epopea) e della penultima (Fabbian, Guidolin, Pillon, Trombetta, Bonavina e Pisani). E via con le promozioni (quella Serie B del '22-'23, pur divisa in gironi, in primis), le presidenze, le cadute e le resurrezioni fino ai giorni nostri.
Condimento delizioso (perchè è lì che misuri lo storico e ci dilungheremo nell'articolo più in basso) i foglietti battuti a macchina su carta calcante con le convocazioni del '37, oppure l'atto di vendita (per lire 5 mila) del giuocatore Sandrin alla Associazione Fascista Calcio Padova. Senza contare i «mister» succedutisi in panchina e ancora indimenticati, gli eterni accompagnatori, massaggiatori, dirigenti factotum (ah, Toni Guarise, la sua onestà, il suo pulmino... turbo per portare i ragazzi, tra cui ci sono anche Bernardino Fabbian e Francesco Guidolin, che gli regaleranno la maglia dell'esordio in Under 21). A chiudere il libro, una serie di contributi firmati, un articolo datato 2002 del grandissimo Giorgio Lago, interviste recenti e antiche e gli immancabili auspici per il futuro.
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