Stop al calcetto tra amici: in crisi i gestori dei campi

TREVISO. Per tanti trentenni o quarantenni, è un appuntamento fisso, quasi una religione. Finito il lavoro, ci si trova al centro sportivo per una partitella a calcetto. Poi magari una pizza a suggellare la giornata. Ma tutto ciò l’ultimo Dpcm lo impedisce, effetti indiretti dell’era Covid. Il decreto del premier Conte ha bloccato infatti attività e competizioni degli sport di contatto che non riguardino società o associazioni sportive iscritte a federazioni ed enti di promozione.
Insomma, la mannaia colpisce le “contese” fra amici. Quelle che non fanno riferimento a specifici protocolli anti-virus. Come le partitelle a calcetto, noleggiando l’impianto in orario serale.
«Il calcetto per me significa almeno una decina di partite a settimana, il 30% degli incassi mensili. Tenete conto che l’affitto per 90 minuti lo do a 70 euro. Se non avessi pure il padel, avrei già dovuto chiudere l’attività», allarga le braccia Nicola Bosisio, presidente del Calcio Terraglio e gestore degli impianti sportivi di via Selvatico a Treviso.
«Già eravamo rimasti bloccati quattro mesi, considerato che il via libera l’avevamo avuto solo a fine giugno. Da settembre ho deciso rinunciare a uno dei tre impianti di calcetto, puntando di più sul padel: sono stato previdente», incalza Bosisio. Che si riferisce a una disciplina, il padel appunto, che (come il tennis) assicura il distanziamento, fattore prezioso ai tempi del virus. Nel settore, c’è chi dà una chiave di lettura precisa: «Forse la decisione l’hanno presa per fare un po’ d’ordine in quelle attività amatoriali dove mancano i protocolli e magari non si fanno i certificati medici», osservano dal centro sportivo Fair Play di Collalbrigo, «Sul piano della sicurezza, lo trovo giusto. Anche se il Dpcm ci costringe a sospendere la nostra attività. Stiamo valutando però di creare un’associazione sportiva nell’ambito di un ente di promozione: vogliamo capire se l’operazione sarà fattibile, ci permetterebbe di tenere vivo l’impianto».
Uno stratagemma per provare a rialzarsi: «Un calo degli incassi tremendo, a fine anno sarà almeno del 50%. Una brutta botta, visto che tasse e bollette devi comunque pagarle. Mentre di entrate non ne hai più». Non manca la stoccata: «Ma è tutta colpa del calcetto? Non si potrebbe rivedere pure la capienza degli autobus?».
Quel che è certo è che, nelle ultime ore, hanno tirato un bel sospiro di sollievo tante società legate agli sport di contatto (a partire dalle arti marziali). Si temeva uno stop per l’attività di base o dilettantistica. Ma tutto è rimasto regolare. Pure per i sodalizi amatoriali che rientrano sotto l’ombrello degli enti di promozione.
«Il divieto riguarda solo il gruppo di amici non tesserati che si ritrova per la partitella di calcetto. E, in pratica, per le società sportive al di fuori del Coni. Che peraltro non dovrebbero neppure esserci», precisa Giovanni Ottoni, delegato provinciale Coni. S’accoda Lelio Raffaelli, presidente Csi Treviso: «Si temeva inizialmente che il termine “amatoriale” potesse includere pure noi. Ma non è così, lo stop riguarda i non tesserati. Ossia chi non fa nemmeno riferimento agli enti di promozione».
Con buona pace dei gestori degli impianti di calcetto, che da ieri hanno dovuto far scendere le serrande. Escluso chi conta pure sul tennis o sull’emergente padel. —
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