Sport, cultura e restauri: Benetton a Treviso, un miliardo di investimenti

La città guarda con ansia alle vicende della famiglia e di Atlantia sotto attacco. La mappa dei interattiva luoghi. Spesi 6 milioni di euro all’anno per far funzionare fondazione e impianti sportivi
26/04/2007 PONZANO VENETO TREVISO ASSEMBLEA ANNUALE DEGLI AZIONISTI BENETTON NELLA FOTO :LUCIANO BENETTON PRESIDENTE
26/04/2007 PONZANO VENETO TREVISO ASSEMBLEA ANNUALE DEGLI AZIONISTI BENETTON NELLA FOTO :LUCIANO BENETTON PRESIDENTE

TREVISO. In principio fu la sponsorizzazione del rugby, correva l’anno 1978. E poi la Ghirada, (1982), il Palaverde (1983), la nascita delle Fondazione Benetton (1987), Fabrica (1994), l’acquisizione della società di rugby (1996), l’Asolo Golf Club (1997) con le sue 27 buche. Fino alla galleria delle Prigioni (2018), dietro il restaurato ex tribunale (2017) sede di Edizione, cuore di tutte la attività della famiglia. E sempre nel 2018, la copertura dei popolari a Monigo, tempio del rugby internazionale.

Cultura, arte, sport, socialità. Scuole e centro di ricerca. Premi e rassegne dal cinema alla musica, comunicazione, design, stile e costume, mondo giovanile. Borse di studio.

C’è una galassia marchiata Benetton, da oltre 40 anni in città. Un patrimonio raro, frutto del legame della famiglia Benetton con Treviso, che i quattro fratelli hanno sempre voluto testimoniare con interventi e istituzioni di alto livello, competitive con quelle di città più grandi e persino delle metropoli. E ancora restauri e riqualificazioni urbanistiche – ultima l’ex cittadella della finanza acquistata per 12,3 milioni, ora avviata con la riapertura della chiesa di S. Maria Nova – le donazioni solidali, nell’anonimato, non solo ad Adavr.

C’è chi ha provato a quantificare questo patrimonio, che in passato qualcuno ha invano tentato di emulare (Berlusconi non riuscì mai a creare una sua “Ghirada” a Milano).

Un miliardo tondo tondo, almeno, tra immobili e investimenti. Sociale, culturale, sport. Ogni anno, per Verdesport, Fondazione Benetton e Fabrica la famiglia investe 6 milioni. E Luciano, per il suo “rugby”, non meno di 2. Senza contare l’indotto generato da eventi, premi, manifestazioni, concerti.

Guinness PRO14, Rodney Parade, Newport, Wales, UK 6/3/2020.Dragons vs Benetton Rugby.Benetton's Angelo Esposito scores a try despite Adam Warren, Jack Dixon and Jared Rosser of Dragons.Mandatory Credit ©INPHO/Ryan Hiscott
Guinness PRO14, Rodney Parade, Newport, Wales, UK 6/3/2020.Dragons vs Benetton Rugby.Benetton's Angelo Esposito scores a try despite Adam Warren, Jack Dixon and Jared Rosser of Dragons.Mandatory Credit ©INPHO/Ryan Hiscott


Cosa succederà ora a questo patrimonio con pochi eguali? I bene informati dicono che c’è ansia, in palazzi ed uffici. Ma che dall’headquarter di piazza Duomo, sede di Edizione cassaforte della famiglia, sia già partito un messaggio. E non subliminale. Né Luciano e Giuliana, né i 14 eredi hanno intenzione di toccare o rivedere l’ impegno sulla città, dall’aggregazione all’istruzione, dallo sport all’urbanistica, dal design alla ricerca, confermando le attività nei diversi settori.

Magari con razionalizzazioni e sinergie fra realtà affini, anche se di società diverse. È il caso di Fondazione – 2,3 milioni di budget, 20 dipendenti – che già opera spesso insieme a Fabrica, che è di Benetton Group. E ancora Fondazione gestisce - in aggiunta ai palazzi Bomben e Caotorta e a San Teonisto, tutti di proprietà - le Gallerie delle Prigioni e l’auditorium di via Canova, rispettivamente di Imago Mundi e della nuova realtà che gestirà l’ex cittadella finanziaria. Reti che in futuro potranno anche consolidarsi, dice chi guarda avanti.

Per ora, la famiglia, colpita dagli attacchi di questi giorni, vuole rassicurare. Ma se l’impero non riuscisse a reggersi in piedi? Treviso trema con i Benetton. La galassia è anche posti di lavoro (non meno di 100 dipendenti, senza contare altri 70 atleti e tecnici del rugby, atteso da Pro 14 e Coppe). Ed eloquenti sarebbero i recenti ingressi degli esponenti della seconda generazione nei cda, la presenza ad eventi e manifestazioni.

E poi c’è un tesoro immateriale. Incalcolabile il valore dato alla città da tutti questi interventi e dei restauri annunciati. E la grande saga di Treviso? Le emozioni e i trionfi sportivi dalla fine degli anni ’70 a questo decennio, i campioni in maglia Benetton e Sisley in cima al mondo, nelle finali olimpiche, i fuoriclasse transitati a Treviso (omaggiata pure dal recentissimo tributo all’Nba, “The last dance”), Schumi sul trono della Formula 1.

Un modello polisportivo e organizzativo già nei manuali, che ha fatto arrabbiare le metropoli rimaste a bocca asciutta. I grandi eventi, dal Topolino (ora città di Treviso) alla Summer League, i parchi giochi per i bambini. Le borse di studio ai laureati sullo storia dello sport, le biblioteche specializzate, dallo sport al paesaggio. Il fondo Pivano. L’impegno sociale nell’Arep, creatura che Gilberto volle per i disabili, con terapie all’avanguardia. E i progetti? La pedonalizzazione e la riqualificazione di piazza Duomo, lo sviluppo di Monigo, le idee dell’architetto Scarpa per l’ex cittadella finanziaria.

Certo, c’è da completare il riassetto in Atlantia; vanno ridefinite le strategie complessive di un colosso messo nel mirino; magari nascerà una nuova diversificazione 2.0. Ma la città ha un patrimonio, non quotato, che il mondo ci invidia. —

LA MAPPA



LE AZIENDE DEL GRUPPO

Nella galassia degli investimenti Benetton è il pianeta più piccolo: vale il 6 per cento del totale, e agli investitori “costa” un ottavo rispetto alle infrastrutture di trasporto. Dentro quel 6 per cento, tuttavia, c’è la storia di tutta una provincia: è il ramo “abbigliamento e tessile” di Edizione, è Benetton Group e Olimpias, oltre un miliardo e quattrocento milioni di fatturato con il cuore pulsante a Villa Minelli, Ponzano, e uno stabilimento diventato iconico a Castrette di Villorba.

Un “pianeta” che è andato assottigliandosi nel tempo, ma che oggi dà ancora da vivere a circa 1.600 famiglie nella Marca, non più - ma questo ormai da almeno due decenni - a quello storico indotto fatto di laboratori tessili locali sostituiti, all’epoca della delocalizzazione, dalle fabbriche in Asia.

Villa Minelli, con il parcheggio ricavato per i dipendenti e l’azienda praticamente attigua, è la chiesa al centro del villaggio chiamato Benetton Group. È il marchio da cui inizia tutta la storia negli anni Cinquanta, 4.700 negozi nel mondo tra cui le vetrine più colorate di Treviso di fronte alla Teresona. Oggi fattura 1,23 miliardi di euro (dati al 31 dicembre 2018) e dà lavoro a 7.600 dipendenti in 80 Paesi del mondo. Di questi, però, appena 1.200 sono a Treviso, tra Ponzano e Castrette.

Ancora, tra questi 1.200 gli operai arrivano a stento a quota 180 e si occupano soprattutto di magazzino e logistica, gli altri sono impiegati e commerciali, perché la produzione si fa tutta all’estero, soprattutto Nordafrica (Tunisia) e Paesi dell’Est Europa (Romania, Serbia).

Se si guarda esclusivamente ai numeri, il brand è appannato: in otto anni ha accumulato 756 milioni di perdite, il fatturato è sceso da due miliardi a 1,236, la rivoluzione di Luciano, che ha ripreso il timone dell’azienda dopo la celebre cacciata dei manager, non ha ancora dato i frutti sperati. Il braccio operativo del tessile è Olimpias Group, Castrette di Villorba, Ponzano, ma anche Verona, Pordenone, Prato, Caserta, e un ufficio commerciale a Hong Kong. L’azienda conta più di 2.800 dipendenti, di questi appena 350 lavorano in provincia di Treviso.

Nella Marca danno servizi e lavoro anche VerdeSport, dipendente dalla sub-holding Sintonia, gestore della “città dello sport”, la Ghirada, con una cinquantina di addetti (che portano il totale nella Marca a 1.600 circa) e 3,4 milioni di fatturato, e del rugby. E ancora Fabrica, il polo creativo che fu di Toscani, trevigiano per locazione (a Catena di Villorba) ma porto artistico per almeno un migliaio di creativi da tutto il mondo dalla sua nascita ad oggi.

«Benetton continua a essere un marchio in cui questa provincia si identifica» la sintesi di Rosario Martines, sindacalista Uil, «rispetto a un tempo è sparito l’indotto, non si produce più in Italia ma si guarda soprattutto verso il Mediterraneo, mentre sono progressivamente usciti dal mercato cinese e del Bangladesh. Il reshoring? È stato fatto un tentativo di riportare in Italia i telai per i maglioncini senza cuciture, ma dopo un anno il progetto si è arenato». —

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