Si intasca le imposte, notaio a processo

Non versate somme di trenta clienti: la Procura contesta a Laterza un peculato da 69 mila euro

Il notaio incassava le imposte di registro, caricandole sulle fatture dei clienti, ma poi non le versava all’erario. In tutto, secondo le contestazioni della Procura, si sarebbe intascato circa 69 mila euro. Protagonista il notissimo ex notaio (ora in pensione, dopo essere stato anche sospeso dall’ordine) Vitantonio Laterza, finito a processo con l’accusa di peculato.

È l’ennesimo guaio con la giustizia per l’ex notaio, 75 anni. Difeso dall’avvocato Francesco Burighel, Laterza è comparso di fronte al gup Silvio Maras: non ha scelto clcun rito alternativo, puntando a dimostrare la propria innocenza a processo, che avrà inizio a gennaio 2014. «Non c’è alcun peculato, al massimo si può trattare di appropriazione indebita», dice l’avvocato Burighel. Il peculato, secondo la Procura, si configura in quanto la figura del notaio è assimilabile a quella di un pubblico ufficiale.

Stando a quanto ricostruito dalla Procura di Treviso, il notaio Laterza avrebbe omesso di versare all’erario circa 69 mila euro di imposte di registro che i suoi clienti, circa una trentina, avevano pagato al professionista. Come nel caso di mutui per la casa, per esempio, in cui il notaio incassa le imposte di registro direttamente dal cliente, con l’obbligo poi di versarle all’erario. Cosa che Laterza non avrebbe fatto. Ad accorgersi degli ammanchi è stata la stessa Agenzia delle entrate.

Non è il primo problema dell’ex notaio con la giustizia. Sul professionista in pensione pende anche l’accusa di aver nascosto al fisco oltre un milione di euro. A fine novembre dello scorso anno il giudice ha rispedito gli atti al pubblico ministero per ridefinire il capo di imputazione, ovvero dichiarazione infedele. Stando a quanto sostenuto dalla Procura di Treviso, il professionista trevigiano avrebbe omesso di dichiarare al fisco oltre un milione di euro, condotta che aveva spinto il pubblico ministro a chiedere una condanna di un anno di reclusione. I redditi che secondo gli inquirenti sarebbero rimasti sconosciuti all’Agenzia delle entrate risalgono al 2005: secondo le verifiche effettuate dagli ispettori del fisco, ci sarebbero state delle «evidenti disparità» tra le prestazioni professionali concluse dallo studio del notaio in quell’anno e gli effettivi redditi dichiarati. Un “buco” che l’Agenzia delle entrate avrebbe quantificato in una somma pesante: oltre un milione di euro, 1.018.844 euro per la precisione. Ora si attende la nuova chiusura indagini.

Fabio Poloni

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