«Sforzi ciclopici per le imprese Siamo quelli che non mollano»

Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria: il sistema regge grazie alla nostra caparbietà Appello al Governo: bene il taglio Irap, le aziende siano al centro del progetto di rilancio del Paese
Agostini Treviso Assemblea unindistria
Agostini Treviso Assemblea unindistria

di FABIO POLONI

«Il denaro costa meno. L’euro che è sceso aiuta le esportazioni. La ripresa economica negli Usa trascina un po’ i mercati. I costi energetici sono inferiori». Tanti piccoli tasselli, quasi come fossero i pioli di una scala: salire per superare la crisi. Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso da cinque mesi, cerca di vedere positivo. «Parlare di ripresa non è ancora possibile. In un contesto difficile come questo, però, è l’imprenditore che fa la differenza».

I tanti micro-aggiustamenti di contesto che ha citato prima, però, aiutano.

«Sì, e nonostante le difficoltà vedo voglia di crederci. Noi imprenditori stiamo facendo sforzi ciclopici per mandare avanti le nostre imprese».

Dall’analisi dei numeri emerge che i fatturati sono sostanzialmente stabili e gli utili bassi, con un Roe (redditività del capitale) appena dell’1,6%.

«Se il fatturato è stabile, in questo contesto, significa che è stato fatto un ottimo lavoro di tenuta sui mercati, e che si sono aumentati gli investimenti. La situazione è oggettivamente difficile, in Italia ma non solo. Le imprese continuano a crederci, con speranza e attesa».

Quasi quattro imprese su cinque, nonostante tutto, chiudono il bilancio con utili.

«Anche questo è un segnale positivo, indubbiamente. In questi primi cinque mesi del mio mandato ho visto caparbietà nel voler rimanere competitivi e conquistare nuove fette di mercato. Si viaggia, si cercano nuove opportunità, si gira per fiere in tutto il mondo».

Altro dato che emerge dall’analisi dei numeri: diminuiscono gli oneri finanziari. Si è approfittato della crisi per mettere un po’ in ordine i conti, i costi, l’indebitamento?

«Oggi è fondamentale essere vigili, da quel punto di vista, e tenere tutto sotto controllo. I vecchi modelli d’impresa vanno messi in discussione, ciò che andava bene per il passato può non andar più bene per il presente e il futuro. Noi come associazione abbiamo fatto una formazione massiccia sul tema della patrimonializzazione delle imprese, sulla necessità di uno sguardo di medio-lungo termine, sull’indebitamento. I frutti su questi fronti non arrivano per caso, bisogna lavorare e insistere: credito, fisco, finanza sono temi centrali, oggi».

Parla di vecchi modelli d’impresa non più validi. Quali?

«Quando parliamo di questa crisi partiamo sempre dal 2008, da Lehman Brothers, un punto di rottura forte. Ha segnato una discontinuità e un cambio di tutti i paradigmi d’impresa, da quelli produttivi a quelli distributivi. Difficile ora capire quale sia il nuovo modello, vanno sondate tutte le nuove possibilità».

Il fermento delle startup nasce anche da qui?

«Sì, ci sono tante idee e tante nuove imprese. Poi qualcuna si perderà per strada, ma chi ha l’idea migliore crescerà».

Questo Governo? Come ne valuta l’azione?

«Alcune aperture sono decisamente positive, si comincia a percepire un messaggio diverso. La contrapposizione non paga. Sappiamo che c’è molto da fare, per esempio sul fronte del debito pubblico, ma mi auguro che venga seguita la strada della centralità dell’impresa. Non è solamente un discorso di sviluppo economico, ma anche una questione di coesione sociale: solo se c’è lavoro ci sono prospettive di vita, in senso lato».

Aperture positive, per esempio l’Irap?

«Esattamente: non sto qui a elencare gli aspetti e le ricadute positivi del taglio della tassazione sull’impresa, c’è un’ampia letteratura in materia. Speriamo si continui su questa strada».

Lei all’inizio del suo mandato ha sottolineato l’importanza di una concezione «etica» dell’impresa.

«Certo, sotto tanti aspetti: nei confronti dei lavoratori, dell’ambiente, del territorio. Credo che il modello d’impresa del Nordest si possa considerare etico da sempre. Ora è anche una questione di capacità d’attrazione per capitali esteri: un contesto imprenditoriale etico nel senso di trasparente, con regole chiare e semplici, è più appetibile».

La crisi, come ha sottolineato lei, ha cambiato i modelli d’impresa. C’è chi sostiene che anche le “Confindustrie” siano superate, e che la rappresentanza sindacale vada rivista.

«Alcuni risultati non arrivano a caso. Il taglio dell’Irap, per tornare all’esempio di prima. O il bonus sui mobili, nel mio settore. Sono tutti frutti di un lavoro fatto per far capire le nostre esigenze, in un’ottica di rapporto chiaro con il Governo. Questa è rappresentanza sindacale. E il modello associativo funziona anche a livello territoriale, soprattutto in contesti come il nostro dove l’ottanta per cento delle imprese ha meno di cinquanta dipendenti: Unindustria ha anche un ruolo di formazione, visione, proposta. Se più imprenditori partecipassero alla vita associativa, ne gioverebbero tutti».

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