Sernagiotto rinviato a giudizio: «Sono sereno, proverò la mia innocenza»

TREVISO. «Sono anni che aspetto l’inizio di questo processo. Sono sereno a tal punto che vorrei che iniziasse già domani. Finora ho subito solo un processo mediatico».
Remo Sernagiotto, ex europarlamentare ed ex assessore regionale, coinvolto nel caso Ca’ della Robinia, ha atteso con tranquillità, ieri, l’esito dell’udienza preliminare che lo vede alla sbarra per corruzione assieme ad altri due imputati.
È arrivato in mattinata, accompagnato dal suo legale, l’avvocato Fabio Crea. «Sia chiaro - precisa l’avvocato Crea - che un rinvio a giudizio non significa colpevolezza ma è solo un modo per arrivare alla verità. È quella che noi tutti vogliamo che emerga nel processo».
Tutto si può dire, ma non che Sernagiotto abbia mai nascosto la sua costruzione del potere, basato su una ferrea ed estesa rete di fedelissimi. Ed è rimasta celebre anche la sua stringatissima nota stampa, diramata in pieno Ferragosto, in piena bufera giudiziaria: «La delibera (quella al centro dell’inchiesta, ndr) è stata approvata dalla giunta all’unanimità, governatore in primis».
E a sancire l’allora blindatura politica reciproca fra l’ex assessore Sernagiotto, nel frattempo salito all’Europarlamento nel 2014, e il governatore Zaia, era stata la nota della giunta: «L’erogazione dei fondi è nata da una proposta della giunta frutto di un’ampia condivisione politica, in consiglio e in commissione, che pure ha rivisto i criteri, salvo ribadire il ruolo della struttura regionale di monitoraggio e controllo». Anche se certo Zaia aveva poi inviato tutti i documenti a Procura e Corte dei Conti, per far luce su «ogni eventuale responsabilità».
Certo, il rinvio a giudizio, e i tempi del processo, rendono ora difficilmente praticabile una candidatura Sernagiotto alle regionali 2020, nella lista di Fratelli d’Italia, con la formula federata di Direzione Italia, il gruppo di Fitto cui Sernagiotto aveva aderito negli ultimi anni, riferimento italiano mentre quello europeo era l’inglese Cameron.
Il big montebellunese, lasciata la Dc e approdato in Forza Italia, aveva già sposato nel 2013, in vista delle europee dell’anno successivo, il Mir del modenese Gianpiero Samorì (avvocato, professore, banchiere, assicuratore, immobiliarista, editore), per un’alleanza territoriale premiata poi alle urne. Nel frattempo, ieri, a margine della lunga udienza, terminata con la decisione del rinvio a giudizio di Sernagiotto ed altri tre imputati, l’ex europarlamentare non s’è sottratto a parlare del suo stato d’animo.
Sernagiotto, come vive questi momenti?
«In assoluta serenità. Sembrerà strano, ma sono io il primo a voler essere processato. Se c’è un dubbio sul mio operato, è giusto che sia chiarito con le testimonianze in un pubblico dibattimento».
Dunque, nessuna amarezza?
«Assolutamente no, io sono un uomo delle istituzioni e che crede nelle istituzioni. Vado a processo certo di poter dimostrare la mia innocenza. Non vedo l’ora che inizi. Anzi sapete una cosa?».
Che cosa?
«Vorrei che il processo iniziasse già domani. Un ’udienza al giorno per poter arrivare presto alla verità So che non è possibile e che è solo un sogno ma la voglia di dimostrare la mia innocenza è tanta. Anzi, vorrei capire una cosa».
Quale?
«Come posso essere stato corrotto con tangenti sotto forma di assegni. Questo lo voglio proprio capire. Per questo attendo con impazienza il processo. Un processo vero e non mediatico come sono stato sottoposto negli ultimi anni, da quando è stata aperta quest’inchiesta. È giusto che ora venga data voce a tutti, anche a me».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso