Sequestrati 130 mila litri di finto Pinot

Imprenditore si fregiava dell’etichetta di Igp senza requisiti. Indagati i titolari delle cantine “Minos” e “Podere del Gaio”
Di Giorgio Cecchetti

SANTA LUCIA DI PIAVE. Un imprenditore agricolo, Renzo Bronca, e il suo enologo, entrambi trevigiani, a capo delle cantine «Minos» e «Podere del Gaio» con sedi a Santa Lucia e Susegana, sono indagati per frode in commercio e falso: dal 2012 allo scorso anno avrebbero venduto oltre 58 mila ettolitri di vino pugliese che non avrebbe potuto fregiarsi dell’indicazione geografica protetta (Igp) con la menzione del vitigno di provenienza, quello di Pinot grigio. La maggior parte del vino è finito a una delle maggiori case vinicole italiane con sede nel Veneto orientale, che ha piazzato le bottiglie non solo ma soprattutto in Inghilterra.

Per ora, il pubblico ministero di Venezia Roberto Terzo, che ha coordinato le indagini della Guardia di finanza di Treviso, non avrebbe raccolto prove per affermare che da parte della casa vinicola si fosse a conoscenza della reale provenienza del vino, tanto che i vertici della società sostengono di essere parte offesa in questa vicenda: sostengono di essere sempre stati convinti, in questa anni, che quel vino fosse davvero Pinot grigio.

Sarebbero dodici le perquisizioni presso altrettante imprese venete e pugliesi coinvolte nel sistema di frode che hanno portato l’Ispettorato Repressione Frodi del Ministero delle Politiche Agricole e la Guardia di Finanza di Treviso, su disposizione del rappresentante della Procura veneziana, a sequestrare, bloccandone la vendita, oltre 130 mila litri di vino etichettato falsamente come Igp «Puglia» Pinot Grigio, in attesa di confezionamento, in parte privo di ogni giustificazione contabile. Ai risultati dell’operazione, denominata «Pinocchio», gli investigatori sono giunti al termine di un’attività di analisi di dati e di ricostruzione documentale. Il vino, proveniente da cantine pugliesi, derivava in realtà da varietà di uva a bacca bianca diverse dal Pinot Grigio. Talvolta, la produzione di uva veniva dichiarata su vigneti inesistenti, come dimostrato dagli accertamenti documentali, dagli esami cartografici e da foto aeree e satellitari. Nel sistema della frode un particolare ruolo era giocato da imprese «cartiere» pugliesi - anche queste direttamente riconducibili agli indagati - che emettevano falsa documentazione allo scopo di fornire una copertura formale alla fittizia produzione di uve e di vino di ignota origine e provenienza. Il vino arrivava, quindi, a un noto imbottigliatore veneto, pronto per il confezionamento e la distribuzione soprattutto sul mercato estero.

L’avvocato Luigi Fadalti, difensore di entrambi gli indagati, contesta alla radice l’accusa, quella di aver venduto Pinot grigio Igp Puglia che le cantine non potevano produrre in quella quantità: «Abbiamo venduto quello che abbiamo prodotto grazie alle nostre viti», spiega il legale trevigiano, il quale precisa di aver già presentato ricorso al Tribunale del riesame contro i sequestri messi in atto dalla Guardia di finanza. Ricorsi, comunque, che a causa del periodo feriale, verranno discussi in un udienza che sarà fissata soltanto a settembre.

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