Sepolto nel vigneto: trincea fuorilegge

Valdobbiadene, chiuse le indagini per la morte di Roberto Michielon: verso il processo il padre Ermanno e Stefano Rebuli
Di Fabiana Pesci
Filippi Valdobbiadene via dei Bimbi incidente mortale sul lavoro sindaco di Pederobba Raffaele Baratto con il padre del morto Roberto Michielon
Filippi Valdobbiadene via dei Bimbi incidente mortale sul lavoro sindaco di Pederobba Raffaele Baratto con il padre del morto Roberto Michielon

VALDOBBIADENE. Nessuna prevenzione, nessuna misura di sicurezza rispettata. La trincea di scavo in cui è morto, sepolto da una frana, Roberto Michielon, non doveva e non poteva essere lì. La terra all’interno della quale è stata realizzata la trincea era di riporto, troppo friabile per reggere. Le pareti dello scavo, poi, non erano nemmeno puntellate. Ultima osservazione, pesante come piombo, nel cantiere non era attivo alcun piano di sicurezza. A sei mesi dall’incidente costato la vita all’assessore di Pederobba (in cui è rimasto ferito anche il cugino Ivan), il pubblico ministero Valeria Sanzari ha chiuso le indagini avviate all’indomani della tragedia.

Per i due indagati, Ermanno Michielon (padre della vittima e titolare dell’impresa edile che stava eseguendo i lavori) e Stefano Rebuli (titolare del terreno in cui è avvenuta la tragedia) si avvicina quindi l’ora del processo. L’ipotesi di reato su cui ha lavorato il pm è quella di omicidio colposo. Subito dopo la tragedia, Sanzari ha dato mandato a un pool di esperti di comprendere il motivo per cui si è verificato l’incidente, in altre parole se fossero state rispettate le norme di sicurezza. L’esito della perizia disposta dal pubblico ministero lascia ben pochi margini di interpretazione dei fatti.

L’incubo aveva avuto inizio poco prima delle 9 del 21 maggio, in via dei Bimbi a Valdobbiadene, sull'appezzamento di proprietà di Rebuli. I due cugini Michielon erano da soli al lavoro sullo scavo (profondo quasi cinque metri) tra i filari di Prosecco. Doveva essere un lavoro di sistemazione idraulica di routine, che molti viticoltori eseguono per eliminare l'acqua (e con essa, il rischio di frane) dai vigneti. Roberto era all'interno dello scavo, quando ha ceduto di schianto una delle pareti di terra che lo circondavano. Ivan si era salvato, ma una seconda frana, pochi istanti dopo, aveva travolto anche lui. Era stato lo stesso Rebuli ad accorgersi di quanto era avvenuto, a prestare i primissimi soccorsi prima dell’arrivo del Suem e dei vigili del fuoco.

Ivan era stato sepolto per metà, riusciva a respirare, mentre Roberto era stato di fatto sepolto vivo dall’ondata di terra. Dopo cinque ore di lavori, era riemerso il suo corpo senza vita. Immediata era scattata l’indagine, che già dai primi momenti aveva messo in dubbio quella trincea di scavo, realizzata in terreno di riporto e soprattutto senza alcuna puntellatura di sicurezza.

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