Secondino ruba la fidanzata al detenuto

di Sabrina Tomè
Lei, lui e l’altro. Il triangolo è il solito, piuttosto insolito invece il ruolo dei due rivali in amore: detenuto il primo, carceriere il secondo. L’inedito ménage è venuto alla luce l’altra mattina in aula, nel corso di un processo che ha riservato più di un colpo di scena.
Si tratta dell’udienza a carico di due ex «inquilini» di Santa Bona: l’assistente di polizia penitenziaria Roberto Gallinaro, trentaquattrenne di Giavera difeso dallo studio Murgia e il detenuto napoletano Raffaelle De Pasquale, 39 anni, assistito dall’avvocato Marco Vocaturo. Ad accumunarli, fino all’altra mattina, sembrava esserci solo il procedimento giudiziario per corruzione in corso davanti al tribunale di Treviso: il secondino, stando alle accuse, avrebbe prestato il suo cellulare al carcerato per consentirgli di telefonare alla fidanzata a casa; De Pasquale lo avrebbe ricambiato regalandogli orologi.
A unire i due, però, c’è anche qualcos’altro. Meglio, qualcun altro: la stessa donna. O, perlomeno, è quello che lei ha dichiarato in aula lasciando di stucco il compagno ufficiale, il detenuto, e piuttosto sorpreso il giudice il quale ha voluto sincerarsi di aver afferrato bene il concetto e per questo ha chiesto alla signora: «Ma lei stava con tutti e due?».
A svelare il triangolo amoroso sono stati i tabulati telefonici disposti dalla Procura sul telefonino del secondino. Il numero in assoluto più digitato è risultato essere quello della signora in questione, una piacente padovana legata sentimentalmente da anni a De Pasquale. Gli investigatori hanno contato circa 500 tra chiamate e messaggi a l numero di lei nel giro di quattro mesi, che significa più di quattro contatti al giorno. Cifre da capogiro, l’esempio di un grande amore che sfida i divieti carcerari (proibitissime le chiamate all’esterno) e che resiste anche dietro le sbarre. Ricostruita così sarebbe stata un bell’esempio di storia romantica.
Ma che si trattasse di qualcos’altro lo ha svelato la destinataria delle telefonate, chiamata a testimoniare l’altra mattina in aula: sì il mio compagno mi ha chiamata - ha ammesso - ma lo avrà fatto quattro o cinque volte nel giro di mesi. Inevitabile la domanda successiva: e le altre 495 volte? «Ah, quelle me le ha fatte l’assistente di polizia penitenziaria». Gelo in aula.
La donna ha così raccontato che andando a colloquio con il compagno, ha conosciuto il secondino. Ne è nata un’amicizia, sono cominciati gli scambi via cellulare: sms e telefonate. A questo punto è arrivata la domanda del giudice: scusi, ma lei stava con entrambi? La signora ha abbozzato: «La relazione col mio compagno stava finendo... con la guardia era solo un rapporto telefonico...». Quale che sia la verità, non sta alla magistratura accertarla.
Compito della Procura, invece, sarà di far luce sull’altro colpo di scena riservato dalla stessa udienza: un detenuto, teste del pm, ha sostenuto che le accuse da lui inizialmente mosse contro il secondino erano false e che era stato spinto a farle dall’allora comandante delle guardie del carcere in cambio di un lavoro.
Il giudice ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura per verificare l’accaduto.
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