Se dai murales nascono i fiori Salgareda sposa la «street art»

Da un’idea di Manuel Jako Giacometti il progetto di rigenerazione urbana di un paese di seimila abitanti Case e capannoni abbandonati vengono colorati da fantasia e trovano spesso nuove vocazioni
SALGAREDA. Da ribelle e rivoluzionaria, la «street art» si mette al servizio di progetti di rigenerazione urbana. È questo il motivo infatti per cui è nata «Salgared’art», che in tre anni ha già portato a Salgareda una ventina di artisti provenienti da tutta Italia.


Poco più di seimila abitanti, adagiato tra il Piave e l’autostrada A4, nel paese la street art è stata accolta dapprima con diffidenza, poi con sempre maggiore interesse. Ora ha «contaminato» Ponte di Piave, dove c’è un sottopasso con una frase di Goffredo Parise («Non sopporto più le persone che mi annoiano anche pochissimo e mi fanno perdere anche un solo secondo di vita») e pare vi sia un interesse anche dal Comune di Oderzo.


Del resto in Italia sono molti i cantieri aperti: da Trento alla Sardegna, l’arte di strada è usata per «smuovere» piccoli centri che rischiano l’effetto spopolamento. «Anche Salgareda è un piccolo paese», spiega Manuel Giacometti ‘Jako’, artista ideatore e promotore di Salgared’art, «i giovani sono pochi, la maggior parte si sposta nelle città più grandi. Nata come un gioco, Salgared’art oggi è un piacevole impegno».


La prima edizione di Salgared’Art era nata un po’ per caso. «Nelle mie passeggiate per Salgareda con il mio cane o con il bimbo, mi sono reso conto di quante zone degradate vi fossero e quanto mi desse fastidio vederle. Ho quindi fatto la proposta all’amministrazione comunale e ho subito trovato un appoggio». A distanza di tre anni dall’esordio, oggi questa iniziativa è parte della comunità, un murales raffigura persino il sindaco, Andrea Favaretto. Dopo i primi disegni sulle mura di qualche recinzione di stabili abbandonati messi a disposizione dai privati, ora si è passati alle pareti di edifici e capannoni abbandonati alle cabine dell’Enel. «Quest’anno ho avuto dei volontari che ci hanno aiutato», sottolinea Giacometti, «Prima infatti che l’artista possa disegnare sul muro, occorre lavare il muro, dipingerlo e spesso occorre anche eliminare le erbacce intorno all’edificio abbandonato. È stata un’occasione molto bella anche dal punto di vista della socialità perchè sono nate amicizie tra persone che prima non si conoscevano». Si tratta di una vera e propria riqualificazione di aree abbandonate: dalla pulizia dell’area al murale che valorizza l’edificio.


«Tali progetti di rigenerazione urbana funzionano nel momento in cui non si tratti di azioni estemporanee», spiega Elena Ostanel, mottense, ricercatrice allo Iuav di Venezia attualmente impegnata in un progetto di ricerca di tre anni tra Italia, Canada e Olanda sui processi di rigenerazione urbana in quartieri ad alto tasso di immigrazione, «Un progetto di rigenerazione urbana deve coinvolgere le persone della comunità in cui si va ad operare e la storia dei luoghi. Serve una creazione di comunità e di pubblico, per esempio mediante murales che rappresentino la comunità o la storia dell’immobile sul quale viene fatto. E non ci sono solo i graffiti ma anche altre forme d’arte. Il borgo di Favara in Sicilia è diventato un museo a cielo aperto». A Favara è nato infatti il Farm Cultural Park: in un anno 120mila visitatori, 20 milioni investi in sette anni e creati 150 posti di lavoro stabili. La cultura insomma crea sviluppo. Manuel Giacometti nel suo piccolo sta provando a muovere qualcosa: «Per il prossimo anno», afferma Giacometti, «stiamo pensando di pubblicare un libretto e una mappa dei murales: c’è infatti un turismo europeo che si muove attorno alle città coi murales e vorremmo provare ad intercettarlo». Salgared’Art 2017 è finito da poco, ma Giacometti è già al lavoro per l’edizione 2018, con una sorpresa: sarà tutta al femminile.


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