Scure sulle pensioni d’oro Boeri: «È ora di decidere»

TREVISO. Il problema alla fine sono i numeri. Da un lato quelli che negli ultimi dieci anni hanno dipinto scenari di crescita del nostro Paese, poi mai concretizzati nella realtà.
Dall’altro quelli delle pensioni d’oro, concesse negli anni passati, che hanno portato alla destabilizzazione del nostro sistema pensionistico. Le cui conseguenze peseranno sul l’attuale generazione di 30enni. Diritti acquisiti che secondo alcuni andrebbero ritoccati con una tassazione ad hoc per quella parte che eccede un0ipotetica “pensione equa”.
Si parla di pensioni nella prima giornata di StatisticAll, il festival dei numeri fortemente voluto dall’assessore alla cultura Luciano Franchin. E si parla della questione con il big per eccellenza Tito Boeri, presidente dell’Inps nazionale.
Il tema è quello della sostenibilità del nostro sistema pensionistico di fronte a scenari, (spiegati nel dettaglio ieri dal professor Gustavo De Santis) che dipingono un Paese che sta drammaticamente invecchiando: nel 2035 su 10 adulti almeno 6 avranno più di 64 anni. E come recitava la canzone dei Beatles “When I’m sixty four”-titolo dell’incontro- («Quando sarò vecchio, mi preparerai ancora da mangiare?»). La domanda che ci poniamo tutti è: quando saremo vecchi, lo Stato sarà ancora in grado di garantirci la pensione? Boeri non si sbilancia, c’è una sorta di diktat che impone di non rivelare le riforme sul piatto. Ma assicura: «Il sistema pensionistico entrerà pienamente in vigore nel 2032. Il vincolo di bilancio è intertemporale. L’idea è di introdurre fin da subito la flessibilità in uscita, mettendo in condizione chi decide di smettere di lavorare di non prendere quanto chi invece rimane al suo posto».
Secondo Boeri non saranno gli immigrati-lavoratori a salvarci («Perchè prima poi anche loro chiederanno di avere una pensione»), bisognerebbe spingere su un maggior coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro («Perchè più istruite e contribuiscono a dare una spinta al nostro Paese»). Ma la soluzione- spiega- non è avere più contribuenti.
Le chiavi sono due. La prima è la crescita economica: «Il sistema pensionistico sulla lunga distanza è sostenibile. A patto che gli scenari di crescita attuali vengano rispettati. Altrimenti saranno dolori per tutti, anche per il sistema pensionistico». Il secondo tema spinosissimo è l’equità. «Il sistema previdenziale si regge sul patto intergenerazionale», conclude Boeri, «Abbiamo categorie di lavoratori che negli anni passati hanno beneficiato di trattamenti troppo vantaggiosi. Ora toccherà al decisore politico decidere cosa fare».
Boeri non si sbilancia. Come? Lo dice Vincenzo Galasso, docente all’università Luigi Bocconi di Milano.
«Dobbiamo pensare alle generazioni dei 30enni. Che porteranno sulla loro pelle molte cicatrici. Pagheranno questo momento per il resto della loro vita. Capisco i diritti acquisiti ma sorpattutto quelli non acquisiti. Qualcosa si potrebbe fare. Cosa? Tornare alla pensione equa. Quella che ti dice il sistema costributivo. A quel punto poi è un problema politico decidere se tassare o meno quel margine».
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