Sanità, sindacati divisi: «Contratto inadeguato al costo della vita»
Ok della Cisl: riguarderà quasi 8 mila dipendenti dell’azienda. Cgil e Uil invece contestano l’assenza degli arretrati per il 2022

Il nuovo contratto nazionale per il comparto della sanità pubblica, relativo al triennio 2022-2024, divide le organizzazioni sindacali. L’accordo, siglato lo scorso 18 giugno, riguarda quasi 8 mila dipendenti dell’Ulss 2 e prevede un aumento medio di 170 euro lordi al mese (+7%) sullo stipendio e il pagamento degli arretrati in busta paga. La Fp Cgil e la Uil Fpl, però, esprimono forti riserve.
La pre-intesa del contratto, che dovrebbe ricevere la firma definitiva entro i primi di ottobre, è stata accolta da Cisl, Fials, Nursind e Nursing Up ma c’è scetticismo da parte, tra gli altri, di Sara Tommasin della segreteria della Fp Cgil di Treviso: «Questo contratto non dà risposte specialmente in termini economici a tutti i professionisti della salute». Tommasin si concentra sugli aumenti: «Si parla, in realtà, di 135 euro lordi al mese in più per gli infermieri e di 120 per un operatore socio-sanitario. Cifre che sono insufficienti a fronte di uno stipendio medio di 1.600 euro per un lavoro h24, inclusi il sabato e le domeniche. Già una parte di queste cifre è stata anticipata in busta paga perché è applicata l’indennità di vacanza contrattuale. Di fatto mancano da percepire circa 40 euro lordi».
A ciò si aggiunge il mancato aggiornamento del valore economico delle indennità e l’assenza di valorizzazione per alcune professionalità. Cgil e Uil contestano anche l’assenza di arretrati per il 2022 e il 2023, stimati in circa 700 euro, a causa di risorse non accantonate dal governo.
«Gli aumenti di 170 euro di cui si parla sono dati gonfiati e la stragrande maggioranza del personale non li prende» ribadisce Tommasin, criticando anche la mancanza di un incremento sui buoni pasto. Anche Roberto Meneghello, segretario generale Uil Fpl di Belluno-Treviso, condivide le preoccupazioni. «Chiediamo un aumento allineato a quello dell’inflazione certificata dall’Istat, il 17%. Il contratto prevede, invece, meno della metà. Il settore è in crisi per il reclutamento di personale, rendendo ancora più urgente una risposta economica per i professionisti e gli operatori».
Il direttore generale dell’Ulss 2 Francesco Benazzi guarda il bicchiere mezzo pieno: «Non entro nel merito perché si parla di contratto nazionale. Intanto, ringrazio tutto il personale per il difficile lavoro svolto, specialmente in un periodo di carenza di medici e infermieri e con l’avvicinarsi delle ferie. Dico solo che intanto è meglio prendere perché è già qualcosa in più e dopo ci si mette al tavolo a discutere». —
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