San Raffaele, in procura l'uomo del crac

Buco da novecento milioni, sentito il top manager trevigiano Mario Cal
Mario Cal, a destra il San Raffaele
Mario Cal, a destra il San Raffaele
 
Un trevigiano seduto sopra il "buco" milionario dell'ospedale San Raffaele di Milano. Mario Cal, 71 anni, è il "cassiere" della struttura sanitaria di don Luigi Verzè: la procura lo ha sentito come persona informata sui fatti, il sostituto procuratore Luigi Orsi vuole vederci chiaro sul buco milionario - si parla di novecento milioni - che si è aperto sui conti della clinica privata.
 Il San Raffaele è sull'orlo del fallimento, con debiti che superano il miliardo di euro. Le banche creditrici sembra abbiano già individuato i passi per cercare di raddrizzare la barca, compreso l'"avvicendamento" di Cal, attualmente vicepresidente della fondazione che controlla la struttura. Se la squadra retrocede, salta l'allenatore. Di pari, a fare le vagligie è il cassiere quando il banco si scopre vuoto. Eccome: ora al San Raffaele servono una cinquantina di milioni di euro solo per pagare gli stipendi dei dipendenti. Le ultime notizie, dopo una ridda di voci su possibili cordate pronte al subentro - a partire dal gruppo San Donato di Giuseppe Rotelli - parlano anche di un'azione diretta da parte del Vaticano per salvare la clinica privata dal crac. Di pari passo va chiaramente messo in campo un drastico piano di tagli per evitare di tornare, fra qualche mese, al punto di partenza. Lo Ior, la banca del Vaticano, fin dall'inizio si era dichiarato disponibile a sottoscrivere una quota finanziaria della nuova società. Ora potrebbe fare tutto da sè. A ipotizzare un intervento della Santa Sede è stato lo stesso consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor: l'obiettivo è quello di trovare il denaro necessario a ristrutturare il debito per mantenere in vita l'ospedale senza il rischio che finisca al concordato fallimentare, esito peggiore per la vecchia gestione: manderebbe diritti in pasto alla procura - come ha scritto Repubblica - gli ex manager, primo fra tutti proprio Mario Cal. Cal è l'alter ego finanziaro di don Verzè, è l'uomo che il fondatore del San Raffaele - oggi novantunenne - avrebbe voluto al timone anche dopo un suo eventuale passo indietro. Il clima però è cambiato, e i conti hanno fatto addensare nubi nerissime sul trevigiano. Contro di lui si sono schierate le banche creditrici, stanche (per usare un eufemismo) di soluzioni finanziarie proposte nel tempo per dare ossigeno ai conti, ma che alla prova dei fatti si sono rivelate fallimentari. Ora che il crac è alla porta, la procura di Milano vuole sapere come si sono formati i debiti e come sono stati spesi i soldi (circa 440 milioni di euro su un fatturato di 600) che la Regione Lombardia ogni anno versava al San Raffaele. La convocazione di Cal a palazzo di giustizia (il manager era già finito nell'occhio del ciclone in piena tangentopoli, novembre 1994, con l'arresto con l'accusa di concorso in corruzione) rientra nell'ambito di una procedura speciale, prevista dal codice civile, che assegna alla procura anche una sorta di ruolo di vigilanza sulle imprese. La gestione economica dell'impero San Raffaele solleva non pochi dubbi: gli affari sono iper-diversificati, dagli aerei fino alle imprese edili. Una diversificazione che porta altri intrecci nella Marca: Roberto Cusin, ex titolare della Gemeaz di San Polo, è in società con Cal nella gestione di un albergo quattro stelle a Olbia e in quella di alcune piantagioni di mango e meloni in Brasile.

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