Salini Impregilo punta su Permasteelisa

vittorio veneto
Permasteelisa potrebbe tornare italiana. Sul gigante delle costruzioni si sono infatti posati gli occhi della Salini Impregilo, colosso dell’ingegneria che avrebbe già sul tavolo il dossier Permasteelisa, oggi di proprietà della giapponese Lixil ma “sul mercato” ormai da diversi mesi. Tanto più che la situazione finanziaria della società non è delle più rosee, con un bilancio in rosso stimato per quest’anno in 165 milioni di euro (l’anno fiscale giapponese va dal primo aprile al 31 marzo).
Un anno fa era saltata quando sembrava tutto fatto la cessione ai cinesi di Grandland, oggi ci sono in gioco due attori diversi. Uno, appunto, è il gruppo italiano Salini Impregilo, con un piano chiamato “Progetto Italia”, il maxi polo delle costruzioni con i maggiori player italiani del settore, del quale il colosso milanese ha posto le basi già nello scorso autunno. Dall’altra parte, però, ci sono ancora sirene straniere: quelle del fondo americano Atlas, sede nel Connecticut, a sua volta interessato a Permasteelisa. Le voci danno Salini Impregilo in (netto) vantaggio, tanto da ipotizzare un rientro alla base anche di Massimo Colomban, fondatore di Permasteelisa, in veste di consulente. Ancora presto per capire come finirà la partita, soprattutto considerando lo stallo totale di queste settimane di emergenza sanitaria.
L’azienda, dal canto suo, continua a lavorare e macinare ordini senza soluzione di continuità, sullo sfondo di una crisi che è stata soprattutto finanziaria (legata alle scarse marginalità di alcune commesse all’estero) e che pare comunque in via di miglioramento. Lixil ha infatti intrapreso un percorso di rivitalizzazione al fine di ottimizzare i processi produttivi, selezionare maggiormente gli ordini e ridurre i costi fissi. Cento milioni di euro sono stati investiti dalla capogruppo nel corso del 2019 con questi obiettivi. Il piano d’azione prevede di chiudere ancora in rosso il prossimo esercizio 2021 (primo aprile 2020-31 marzo 2021), con un net profit negativo per 31 milioni di euro, ma con un Ebitda finalmente positivo per 17 milioni. Fino a tornare a produrre utili nel 2022 (obiettivo 3 milioni in attivo e un Ebitda di 35). A quel punto, però, la società potrebbe essere passata di mano. Di certo gli ultimi numeri pubblicati dalla capogruppo mostrano una situazione ancora ingarbugliata. I dati resi noti da Lixil in questi giorni sono relativi al periodo primo aprile 2019-31 marzo 2020. Il dato aggiornato al 31 dicembre 2019 parla di 914 milioni di euro di fatturato, un Ebitda negativo per 61 milioni e un net profit, risultato netto, rosso per 98 milioni. La previsione per il bilancio 2020 (quindi al 31 marzo di quest’anno), messa nera su bianco nei documenti della capogruppo, parla di un fatturato di 1,11 miliardi di euro (seconda realtà della provincia di Treviso per dimensioni, valore sostanzialmente identico al 2019, chiuso con 1,116 miliardi); un Ebitda negativo per 89 milioni di euro (margine operativo lordo); una perdita netta di 165 milioni.
Nessuna ripercussione, come detto, per il sito produttivo di Vittorio Veneto, dove - al netto di qualche giorno a casa per le operazioni di sanificazione - si lavora senza problemi; è stata invece chiusa una delle due sedi olandesi della società.—
andrea de Polo
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