Rugby, la goliardia in 18 canzoni

Un cd con cori e inni di vittoria, registrati negli spogliatoi e nelle club house, racconta la gioia di vivere del mondo della palla ovale

Diciotto canzoni che sono la storia del rugby a Treviso e nella Marca. Raccontano il senso di appartenenza dei nostri club. L’attaccamento a una maglia e a una bandiera, talora a un’ideologia. Hanno 50 e 30 anni, 40 e 20. Sono gli inni di vittoria, quelli che le squadre cantavano dopo i trionfi e le grandi vittorie sui campi più ostici, ma anche nei terzi tempi con gli avversari, davanti a un piatto di pastasciutta e a una birra, piccolo grande rito collettivo che il rugby ancora difende dalle insidie della modernità del professionismo. O le canzoni con cui si cementava il gruppo e si costruiva l’identità delle squadre.

«Cantar de rugby», è il titolo del cd nato da un’idea di Jolanda Baratto. Microstoria, primo lievito della grande storia di una comunità. Mai un simile patrimonio era stato fissato, e trasmesso in maniera così esemplare alle giovani generazioni. Il suo recupero non costituisce solo un’operazione di memoria sportiva e sociale, ma di storia cittadina. Un documento culturale, quasi etnografico - sul piano artistico spicca la spontaneità dei cori e la forza dell’autenticità delle incisioni live, con tutte le loro ruvidezze e fuori programma, – perché consente di avere oggi una tradizione orale, tutta in dialetto, patrimonio di una provincia. Dai campi di rugby emerge un pezzo di storia collettiva della seconda metà del Novecento. Non è un caso che con questo cd gli ideatori abbiano voluto contribuire alle celebrazioni degli 80 anni di vita del rugby a Treviso.

Scelta legittimata due volte. Perché la matrice di queste canzoni è il mondo goliardico dell’università di Padova dove Livio Zava, il pioniere del rugby trevigiano, scoprì nei primi anni 30 il rugby, portando quello strano pallone a Treviso e chiamando a raccolta gli amici nel campo di via Monfenera, dando il via nel 1932 a una grande avventura sportiva ed umana che ancora oggi coinvolge una città e il suo territorio. E perché Treviso ha poi saputo declinare fermenti, richiami, spunti, citazioni, canzoni e cori in una chiave tutta trevigiana. Grazie allo straordinario umorismo, a una joy de vivre con poche eguali, a uno spirito laico di provincia che faceva e fa ancora del rugby una oasi di vitalismo, avventure, spregiudicatezza, ai personaggi della piassa. Ne citiamo uno solo per tutti: Raimondo Tauro, atleta rugbista e imprenditore, le cui creazioni degli anni ’60 e ’70 - canzoni, inni, coreografie, slogan, sfottò - sono tuttora vive nella memoria collettiva.

Mille sono i risvolti che si celano dentro e dietro le 18 canzoni. «Una storia vera» riprende l’«Andava a Rogoredo» di Enzo Jannacci e documenta la nascita del termine «leoni» per i giocatori del Treviso, complice una strofa che fa riferimento al circo della Orfei. Le canzoni rosse della Tarvisium, fondata nel 1969 a San Giuseppe e schierata a sinistra, raccontano (vedi «Ci son tanti compagni») anche la singolare solidarietà dei giovani di un club che allora non aveva settore seniores e vedeva i talenti passare dopo i 19 anni al Treviso Ma il filo non si spezzava comunque. La parodia che i caimani di Casale hanno fatto di un canto tradizionale maori («Pokarakane ana«) documenta il fortissimo legame del club con la Nuova Zelanda, da cui sono arrivati nei decenni fiori di campioni e leggende.

E molte esprimono il forte senso di emancipazione che i giocatori hanno vissuto con il rugby, non solo uno sport. E qui è lì affiorano, come flash, squarci sulla vita della Treviso di ieri (il vecchio campo del Milani vicino al cimitero di San Lazzaro, ad esempio) che restituiscono il passato prossimo del capoluogo.

L’augurio, al di là della conservazione di questo straordinario tesoro che forse solo il rugby ha nelle sue potenzialità, è che il cd rafforzi il senso della storia dell’intero mondo del rugby trevigiano - una realtà straordinaria nella Marca - e che sia una spinta per i giovani. A creare inni e canzoni per nuove identità, per nuove vittorie, per terzi tempi, dove magari stemperare le salutari sconfitte. E cantare i valori antichi, ma sempre attuali, del rugby. A Treviso questo sport è entrato da 80 anni nel Dna della comunità.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso