Ruba i soldi al figlio per giocare alle slot

Impiegato sottrae il bancomat al figlio di 25 anni e preleva 5.700 euro: scoperto grazie ai fotogrammi, patteggia 6 mesi
Di Sabrina Tomè

Dipendeva dai videopoker come un tossicodipendente dalla droga. Incapace di resistere al richiamo delle slot-machine, e senza più un euro in tasca per giocare, ha deciso di rubare i soldi. O, per l’esattezza, il bancomat. Quello del figlio venticinquenne da cui ha prelevato, nel giro di appena sei mesi, oltre 5 mila euro.

Lui è un impiegato trevigiano di 54 anni che ieri mattina è finito a processo con l’accusa di indebito utilizzo di carte di credito. Ha patteggiato 6 mesi di reclusione, convertiti in una pena pecuniaria di 45 mila euro. E, in aula, dopo aver chiesto perdono al figlio, ha annunciato l’intenzione di farsi curare nel centro specializzato di Castelfranco. Perché, ha detto l’impiegato, la sua è un malattia: è stata la dipendenza dal gioco che lo ha spinto a rubare i soldi del figlio.

Tutto ha inizio qualche mese fa quando il giovane scopre che il suo conto corrente è stato alleggerito nel giro dell’ultimo mezzo anno. In particolare risultano una serie di prelievi bancomat, anche da 300 euro a volta, che lui non ha mai eseguito. La somma complessivamente sparita è di 5.700 euro. Il giovane sospetta una clonazione e si rivolge immediatamente alle forze dell’ordine denunciando gli ammanchi. Scattano gli accertamenti, gli investigatori scoprono che i prelievi sono stati fatti agli sportelli delle banche della zona e arrivano alla conclusione che qualcuno che conosce il ragazzo ne sta usando indebitamente il bancomat. Agli istituti di credito vengono chieste le registrazioni fatte dalle videocamere puntate sui bancomat. Arrivano i primi fotogrammi: in corrispondenza ai vari prelievi compare sempre l’immagine della stessa persone. Che, colpo di scena, il giovane riconosce nel proprio padre. Una scoperta amarissima, il ragazzo è incredulo. Gli investigatori convocano il genitore e lui scoppia in lacrime: «È vero», confessa senza esitazioni, «ho rubato i soldi a mio figlio». E subito aggiunge: «Sono un malato di videopoker». In sostanza l’uomo, approfittando dei momenti in cui il figlio era in casa e lasciava il portafoglio in giro, si appropriava del tesserino bancomat e con quello faceva i prelievi che poi gli servivano a giocare alle macchinette. Considerevoli le somme sottratte, in un caso anche 300 euro.

Ricostruito l’accaduto, il figlio avrebbe voluto bloccare il procedimento penale a carico del padre. Impossibile: l’utilizzo indebito di carte di credito è un reato procedibile d’ufficio e una volta messa in moto l’azione penale, essa non può essere bloccata. L’impiegato è pertanto finito a processo: ieri mattina in tribunale a Treviso, davanti al giudice Umberto Donà, si è tenuta l’udienza conclusasi con un patteggiamento a 6 mesi, pena convertita in una sanzione pecuniaria. L’uomo, difeso dall’avvocato Cristiana Pollesel, ha chiesto scusa al figlio che lo ha perdonato. E ha anche assicurato l’intenzione di farsi curare in un centro contro le dipendenze da gioco, a Castelfranco, per evitare di ricadere nella spirale che lo ha portato a rubare al suo ragazzo.

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