Rolex con assegni a vuoto Liso accusato di truffa

Si è presentato in gioielleria, in pieno centro città, e ha comprato due orologi Rolex. Distinto, elegantissimo. Insospettabile. Peccato per la gioielleria, la Errebi di Riccardo Balliera in via San...
Di Fabio Poloni

Si è presentato in gioielleria, in pieno centro città, e ha comprato due orologi Rolex. Distinto, elegantissimo. Insospettabile. Peccato per la gioielleria, la Errebi di Riccardo Balliera in via San Nicolò, che gli assegni postali post-datati non fossero coperti. Giovanni Liso, 61 anni, ex presidente del Conegliano Calcio, è finito a processo con l’accusa di truffa.

Ieri in tribunale è stato chiamato a testimoniare proprio il gioielliere. L’uomo ha raccontato di essere caduto nel tranello, non sospettando che quel distinto cliente fosse un truffatore. «Era vestito in maniera elegante, e non era la prima volta che lo vedevo», ha raccontato al giudice.

Il processo è stato aggiornato al 20 marzo del prossimo anno. I fatti risalgono al dicembre del 2008. In base alle accuse Giovanni Liso ha acquistato nella gioielleria Errebi Gioielli di Riccardo Balliera due orologi Rolex per un valore complessivo di cinquemila euro. Al momento di pagare avrebbe saldato il conto con degli assegni postali non coperti. Quando il gioielliere se n’è accorto, qualche settimana dopo, ha presentato denuncia.

Per Liso questa non è la prima grana con la giustizia, anzi. A gennaio dello scorso anno l’ex presidente del Conegliano fu condannato a cinque anni per la bancarotta della Trevicoop di Quinto: per i giudici furono distratti 430 mila euro dalle casse sociali. La vicenda risale al 2003. L’azienda, specializzata in attività di facchinaggio, dava lavoro soprattutto a stranieri ed era arrivata a contare 270 dipendenti. «Accuse infondate», aveva assicurato la difesa di Liso, che ha presentato ricorso in appello contro la condanna. Dietro il fallimento dell’attività ci sarebbero state, secono il pubblico ministero Antonio Miggiani, precise responsabilità di Liso, pur essendo un’altra la titolare dell'azienda. «Era lui il vero dominus, il vero regista dell’operazione di bancarotta. Era lui l'anima nera della distrazione da 430 mila euro accertata nel 2003. E per quanto riguarda gli anni precedenti, nulla possiamo sapere perché sono spariti i libri contabili», aveva detto il pm Miggiani chiedendo la condanna a «una pena severa», sette anni. Ben diversa la ricostruzione di Liso, che ha voluto deporre in aula assistito dall’avvocato Francesco Leone. L’imputato aveva spiegato di aver accettato solo dopo molte insistenza di far parte della coop e di non aver avuto alcun ruolo di responsabilità all’interno dell'azienda. Ora la vicenda dei Rolex riporta il nome di Liso nelle colonne di cronaca.

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