Ritorna l’incubo delle cave di pietra

Il piano regionale autorizza estrazioni per 1,6 milioni di metri cubi di inerti. Della Colletta: «Fermiamo lo scempio»
Di Francesco Dal Mas
tonin renzo candidato sindaco follina
tonin renzo candidato sindaco follina

VITTORIO VENETO. In riva ai laghi ritorna la grande paura. Quella delle cave: fino a un milione e 600 mila metri cubi di svuotamento della montagna. E non solo a Revine, anche nel resto della Vallata. Alzi lo sguardo dalle acque di Lago o di Santa Maria e a mezza montagna potresti cozzare contro un grande foro in mezzo al bosco.

Arrivi a Cison, e ai piedi di Castelbrando potrebbe aprirsi una voragine. Prosegui per Follina e alle spalle della suggestiva abbazia ecco un altro squarcio. Fantasie ambientaliste? Nient’affatto.

La Giunta regionale del Veneto il 4 novembre 2013 ha adottato il Prac (Piano Regionale Cave) che include anche i cinque comuni della Vallata nel cosiddetto “ambito estrattivo”, cioè in quei territori ove sarà possibile aprire attività di escavazione. Una possibilità contro la quale, a metà degli anni 2000, insorsero le comunità locali.

Due sono le tipologie di escavazione previste: il “Calcare da costruzione” per un totale di 250.000 metri cubi, e i cosiddetti “Detriti” per un totale 1.350.000 metri cubi. Si tratta in definitiva della potenzialità di ben un milione e 600 metri di scavo.

La Regione fissa un tetto massimo di estrazione per ogni intervento in 400 mila metri cubi, ma non fissa un limite per zona: i cantieri potrebbero essere effettuatati anche tutti nella stessa area. Va precisato, per la verità, che non solo la Vallata è candidata a queste cave, anche il Fadalto, una parte di Sarmede, altre località della pedemontana trevigiana e del Cadore.

Ma a Revine ci sono i presupposti perché qui si verifichi il misfatto: nel passato ci sono stati acquisti di terreni da parte di piccoli e grandi imprenditori del settore. Lo ricorda Giorgio Della Colletta, già sindaco di Revine, attorno al quale si sta coaugulando il popolo ambientalista, e non solo, che nel passato battagliò strenuamente per stoppare gli “appetiti” dei cavatori. «Basti pensare alle richieste di apertura di impianti estrattivi» fa memoria Della Colletta «avanzate da parte della Ditta Fassa (due milioni e mezzo di mc) e della Ditta Segat (1.371.000 mc) in quel di Revine Lago. Volumi, guarda caso, troppo simili a quelli richiesti ora nel Piano per i ‘Detriti’ . Si tratta, d’altra parte, di un territorio sicuramente appetibile per i cavatori per la sua posizione geografica, la facilità con cui la si può raggiungere e dove alcuni possono già vantare disponibilità di terreni, ma dove i danni di aperture di attività di cava sarebbero enormi».

Ne hanno piena consapevolezza anche i sindaci che stanno redigendo le osservazioni da presentare in Regione entro il 21 gennaio. Battista Zardet, primo cittadino di Revine, si dice fiducioso. Ritiene improbabile, infatti, che un territorio come quello della Vallata possa diventare vittima di speculazioni.

Intanto, però, ha messo le mani avanti. «Il fatto è che la Regione ha considerato anche quest’area come potenziale candidata» insiste Della Colletta «nonostante la volontà ripetutamente e costantemente manifestata all’unanimità dai Comuni della Vallata, della Comunità Montana, della Provincia. E contro la stessa determinazione espressa con tutta chiarezza dagli strumenti pianificatori del territorio predisposti in questi anni: Piano d’area delle Prealpi Vittoriesi e Pati dei cinque Comuni della Vallata recentemente approvato».

Tutti strumenti urbanistici, questi, che certificano l’insostenibilità di interventi scavatori a Revine, Tarzo, Cison, Follina, Miane perché comprometterebbero irrimediabilmente la bellezza e la fragilità del territorio.

«Tenuto alla larga e cacciato dalla porta, il fantasma delle cave si affaccia ora più minaccioso che mai. È vero che altri territori potrebbero essere interessati prima del nostro, ma niente può escludere» ribadisce Della Colletta «che questi interventi, una volta previsti dal Piano, si possano effettuare tutti o in gran parte nel nostro contesto, costantemente e da sempre sottoposto alle pressioni dei vari cavatori».

I danni temuti sono molteplici. Quello del viavai dei camion di trasporto non è assolutamente secondario. Ed era stato, già a metà degli anni 2000, uno dei motivi di maggiore contestazione popolare.

«L’assalto dei camion lungo le nostre strade, strette e pericolose, proprio no»" comclude l’ex sindaco di Revine che si prepara, dunque, a combattere un’altra battaglia per salvare il territorio.

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