«Rimborsi spese gonfiati per pagare i nostri calciatori»

Un dirigente sportivo si sfoga: «Rispetto al passato il settore è molto più regolare, ma le storture non mancano»
Feltrese Ripa 2-2.
Feltrese Ripa 2-2.
Il J’accuse della Cgil sulle irregolarità fiscali che infesterebbero lo sport dilettantistico non è passato inosservato. Uno sportello, quello creato ad hoc, che ha acceso i riflettori su presunti finti rimborsi, segretarie pagate due euro l'ora. E poi la denuncia del «giro di contanti per aiutare gli sponsor», delle «fatture gonfiate per guadagnare sull'Iva». Stilettate che nell'ambiente hanno fatto parlare, sollevando un vespaio di critiche e perplessità. Specie in chi ha tenuto a rimarcare che il mondo dei dilettanti vive in primis di volontariato. Però c'è pure chi ha voluto togliersi qualche sassolino.


Un dirigente trevigiano di lungo corso, che ha frequentato il calcio dilettantistico a certi livelli, delinea uno spaccato interessante. Chiede di mantenere l'anonimato. E non mancano le sorprese. C'è davvero “nero” nei dilettanti? «Lasciatemi dire subito che oggi c'è più legalità. Un tempo si pagava per buona parte "cash", ora le cose sono cambiate. Non ci sono però tutele e non mancano le "furbate"». «Si depositano in Lega contratti al minimo, entro i 7.500 l'anno. Che sono esentasse. Il resto degli stipendi dei giocatori finisce nei rimborsi chilometrici. E magari si tratta di chilometraggi aggiustati, gonfiati alla bisogna. Grazie anche ad amichevoli organizzate appositamente lontano, senza arbitri ufficiali. Per carità, gli stipendi sono oggi più legali rispetto a un tempo. Com'è però quell'adagio tipico italiano? Fatta la legge, trovato l'inganno».


«Non esistono contratti veri e propri, bisognerebbe lavorare su quest'aspetto. Ogni anno c'è per giunta qualche società in difficoltà economica o che sparisce. E poi i giocatori, magari sposati o papà, si trovano nelle peste: come fanno a recuperare quanto loro dovuto? Servirebbe istituire un fondo di garanzia, almeno per la D (la massima categoria dilettantistica,
ndr
). Che da quando è stata istituita la serie C unica, è diventata una categoria semiprofessionistica».


«Società che spendono e spandono, che investono tantissimo per salire. Club che pretendono gli allenamenti al pomeriggio. Come fanno i ragazzi a campare, se prendono poco o magari quel poco lo vedono con ritardo? Chi garantisce un impiego part-time che ti permetta di essere in campo alle 14? E gliene dico un'altra: lo sa che negli ultimi anni sempre più calciatori preferiscono la D o l'Eccellenza alla Lega Pro? Avrà notato che s'è verificato un certo movimento. E non c'entra solo la regola degli under, che in C tiene banco pure ora. Semplice: nei dilettanti c'è più margine di manovra. La terza serie, per contro, è più controllata: percepisci una busta paga, firmi un contratto da professionista con annessi contributi. Le società devono rispettarlo, altrimenti scattano le penalizzazioni in classifica e a luglio non t’iscrivono».


Mattia Toffoletto


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