Replay taglia, 50 esuberi nel gruppo

ASOLO. Nuovo, durissimo colpo all’occupazione di una delle principali aziende italiane del casual. Fashion Box, che detiene il marchio Replay fondato da Claudio Buziol, annuncia cinquanta licenziamenti nel perimetro del gruppo, dopo un anno ancora durissimo sul fronte dei ricavi, ancora in calo. L’assemblea dei lavoratori, ieri, ha preso atto della volontà della direzione aziendale di chiedere un fortissimo sacrificio occupazionale: cinquanta esuberi sono stati annunciati per far fronte a un piano industriale che prevede lacrime e sangue ma a conclusione del quale è previsto il ritorno alla redditività. Prudente la reazione sindacale, che si è fatta carico di gestire insieme alla direzione aziendale un percorso di condivisione e di accompagnamento soprattutto delle figure aziendali più vicine al pensionamento. Per Replay si tratta di un’operazione indispensabile per cercare di tornare alla redditività di un tempo. Dopo la morte del fondatore, Claudio Buziol, avvenuta nel gennaio 2005, l’azienda è stata rilevata da Matteo Sinigaglia che ha acquisito la maggioranza assoluta. La vedova di Buziol, Paola Dametto, lo scorso dicembre ha esercitato l’opzione di uscita che le ha consentito di incassare circa 40 milioni di euro per il 49 per cento delle quote della società di abbigliamento fondata dal marito nel 1981 e che nei primi anni ha conteso a Diesel la leadership del jeans italiano. Ma la direzione impressa dai Sinigaglia e la concomitante crisi del settore non hanno consentito di registrare risultati positivi: i ricavi si sono progressivamente ristretti e il conto economico è finito inesorabilmente in perdita. Sette milioni di euro nel 2013 (per 204 milioni di ricavi) e addirittura 29 milioni nel 2014 (per 209 milioni di ricavi). Non meglio sembra essere andato il bilancio 2015, chiuso con una perdita superiore ai venti milioni di euro. L’uscita di Paola Dametto Buziol è coincisa con l’ingresso, nel capitale dell’azienda di Asolo, di un gruppo calzaturiero cinese, quotato a Hong Kong, interessato alla gestione del marchio in tutto il continente asiatico. Per questo è necessario un nuovo piano industriale, che contiene un nuovo top management, la chiusura di diverse filiali esteri e, appunto, un sacrificio occupazionale di 50 persone nel quartier generale.Da tempo il gruppo che fa capo alla famiglia Sinigaglia è alla prese con una crisi industriale e commerciale profonda: da una parte il mercato del casual, dall’altro scelte strategiche non sempre azzeccate hanno inchiodato l’azienda, che con il nuovo piano industriale cerca appunto una via d’uscita. Neanche l’apertura, l’anno scorso, del nuovo store milanese di piazza Gae Aulenti The Stage sta dando risultati confortanti. Negli ultimi mesi diversi manager hanno cambiato aria e pare che la proprietà, anche su suggerimento del nuovo partner asiatico, cerchi una figura di top manager a cui far gestire l’attuazione del piano. Tra i tagli previsti, oltre a quelli occupazionali (accompagnati da ammortizzatori sociali) anche quelli di diverse filiali estere e di alcune figure di consulenti non ritenuti più indispensabili. L’obiettivo è ritornare nel triennio a vedere una crescita dei ricavi, soprattutto nell’aria asiatica, e una redditività che non si vede da tempo.
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