Quarant’anni di trapianti «Nasce un’unità speciale»
Nel 1977 la prima sostituzione di rene, da allora a Ca’ Foncello 1.500 interventi Ora l’ospedale guarda avanti: «Serve una équipe dedicata solo a questo»

Quarant’anni di successi e di emozioni, di vita e di speranze, in una catena di solidarietà che non si spezza mai. Era il 27 marzo 1977, quando il professor Tommaso Tomaseo Ponzetta, affiancato dall’anestesista Giorgio Massera e dal nefrologo Ciro dalla Rosa , compì a Treviso il primo trapianto di rene, per un paziente da nove anni i dialisi. Seconda in Veneto dopo Verona – e prima di Padova – Treviso e il Ca’Foncello salirono alla ribalta nazionale della trapiantologia, confermata poi nel 1985 dall’espianto del cuore di Francesco Busnello per il primo trapianto in Italia. Con gli apporti di Gaetano D’Ambrosio e Giuseppe Di Falco, e passaggi che hanno fatto storia: il doppio rene pancreas (1991), il simultaneo doppio rene (2006), l’istituzione della banca dei Tessuti (2000), che ha tratto e distribuito oltre 70 mila tessuti.
Quarant’anni – e 1.500 trapianti – dopo, l’Usl 2 celebra uno dei suoi fiori all’occhiello: oggi i protagonisti sono gli allievi di quella straordinaria scuola – gli odierni primari Claudio Caldato, direttore di 3ª chirurgia; Pierluigi Gatti, direttore di Nefrologia e Centro trapianti; Ennio Nascimben, anestesista e coordinamento Trapianti; Adolfo Paolin, direttore sanitario della Fondazione Banca dei Tessuti - ma anche testimonial d’eccezione come Fania Zanforlin, due volte trapiantata, instancabile motore dell’associazione Senza Filtro.
Lo fa con due eventi pubblici, con jazz musica e danza e poesia, a ingresso libero (vedi riquadri a fianco). E creando nel 2018 un’unità operativa semplice dedicata, per alleviare il sacrificio dei reparti in prima linea.
E omaggia, con il direttore generale Francesco Benazzi, «non solo un’eccellenza della trapiantologia italiana e una storia di successo», ma «tutti i medici sacrificatisi in questi anni» (a Treviso non c’è unità dedicata, se di notte scatta l’emergenza le strutture devono riorganizzarsi), i vertici degli anni ’70 dal presidente Vittorino Pavan e il comitato di gestione al direttore Domenico Stellini, ma anche «i donatori e le famiglie, che in poche ore devono scegliere dei donare». Toccanti le testimonianze, come quelle che saranno presentate giovedì al teatro Eden: mamma Graziella che dona il rene alla figlia Marta: Chiara , trapiantata a soli 18 anni, che poi madre di due bambini, caso raro, e che viene slavata successivamente dal marito che le dona il rene; e Maria Rosa, che perde il marito in incidente in poche ore decide di donare gli organi.
I numeri a fianco dicono molto. Ma non tutto. Né del lavoro dei medici, né degli slanci dei donatori viventi, o dei familiari dei deceduti; né di un Veneto ai vertici per donazioni. E nemmeno dei legami profondi, irripetibili, fra medici e trapiantati, o di chi li attende. Una rete che si estende a monte e a valle dei trapianti. Le nuove frontiere sono ora l’utilizzo di organi anche da anziani e i trapianti preventivi rispetto alla dialisi.
(a.p.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso
Leggi anche
Video