Prostitute e cocaina nel night club In otto dal giudice
CONEGLIANO. Prostituzione e cocaina nel night club: cinque rinvii a giudizio e tre in rito abbreviato che usufruiranno dello sconto di un terzo della pena. È l’esito dell’udienza preliminare per il presunto giro di squillo e cocaina all’interno del locale “Lucky” di Parè di Conegliano.
Fra un anno (3 marzo 2016) dovranno presentarsi di fronte al giudice Emanuele Gavasso, il 42enne di Mareno di Piave gestore del locale, Carmelo Verduci, 38enne calabrese considerato dagli inquirenti il boss, il fratello Vincenzo di 33 anni, Fortunato Manganaro, 23 anni, anche lui calabrese e cugino dei fratelli Verduci nonché cassiere del night (assolto dall’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti), e Ivano Faraon. Verranno invece giudicati a giugno con rito abbreviato Carlo Verduci, 25 anni, e Vito Marigo, 55enne di Galzignano Terme che avrebbe ricoperto il ruolo di “reclutatore” delle ballerine. Patteggerà invece la pena Andrea Trentin, considerato dagli inquirenti il “galoppino” dei fratelli Verduci.
Stando alle indagini del pubblico ministero Massimo de Bortoli, titolare dell’inchiesta sul presunto giro di squillo, all’interno del “Lucky” ci sarebbero state decine di ragazze dell’est Europa e del Sudamerica che abitualmente si appartavano con i clienti, pronti a pagare fino a 500 euro per avere un rapporto sessuale con loro. A scoprire il presunto giro di prostituzione erano stati i carabinieri di Conegliano.
La vicenda aveva portato anche a una serie di arresti. Su richiesta dell’avvocato della difesa Fabio Crea, il giudice Silvio Maras aveva disposto la scarcerazione dei tre fratelli Verduci, Carmelo, 38 anni, Vincenzo, 35 e Carlo, 25, tutti originari di Reggio Calabria e del loro cugino Fortunato Manganaro. Maras per i quattro ha disposto gli arresti domiciliari, in attesa del processo. Secondo l’accusa i quattro (insieme ad altre due persone, arrestate nel blitz dei carabinieri di Conegliano) erano i gestori del night club “Life 128”, conosciuto anche come “Lucky”. All’interno del locale, secondo i carabinieri, era sufficiente chiedere una bottiglia di champagne per far capire ai gestori del locale che si voleva consumare un rapporto sessuale. (f.p.)
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