Private banking, 11mila famiglie d'oro

Paperoni di Marca con patrimoni superiori ai 500mila euro. Unicredit primo player
Dario Prunotto, responsabile Private Banking di Unicredit sul palco del convegno di ieri a Ca’ Tron
Dario Prunotto, responsabile Private Banking di Unicredit sul palco del convegno di ieri a Ca’ Tron
 
Sono 11 mila le famiglie di paperoni trevigiani con patrimoni finanziari superiori ai 500 mila euro, capitali per 15,5 miliardi di euro. Numeri che per Dario Prunotto, responsabile Private Banking per Unicredit, «fanno di Treviso una delle piazze più contese d'Italia».
 La partita per le banche che si contendono i clienti più danarosi - quelli con risorse finanziarie per oltre mezzo milione di euro, immobili esclusi - si fa sempre più dura nella Marca. Le banche cosiddette private, delegate a seguire questa fascia di clientela, sono spuntante come funghi nell'ultimo decennio. Grazie all'abbrivio offerto da Cassamarca, il primo player in provincia resta Unicredit Private Banking, costola del gruppo partecipato dalla Fondazione presieduta da Dino De Poli, che conta 1.563 nuclei familiari gestiti e 2,3 miliardi di euro di masse gestite attraverso una rete formata da 37 bankers - i consulenti dedicati - e 2 filiali posizionate in provincia, tra quelle a più alto tasso di ricchezza in Italia. «C'è molto fermento in campo finanziario, soprattutto in una terra come questa dove il legame tra patrimoni e aziende è più stretto che altrove», ha affermato ieri Prunotto dalla sala conferenze di Ca' Tron di Roncade, dove si è svolta la presentazione dell'iniziativa Preferred Partners, il network di alleanze di Unicredit Private Banking con 9 asset manager selezionati per proporre ai clienti un'offerta mirata nel vasto mercato dei fondi, sbocco preferito dagli investitori nonostante l'altalena degli ultimi anni. «I patrimoni sono tornati ai livelli pre-crisi del 2007 - dice Prunotto - recuperando quanto perso in precedenza. Ma non è l'unico cambiamento intervenuto in questi anni. Rispetto al 2006, quando è stata mappata la clientela, abbiamo riscontrato un significativo aumento della cultura finanziaria, fattore non secondario. La gente conosce il significato di termini come spread che prima restavano fuori dal linguaggio comune. C'è una maggiore correlazione tra bisogni personali e scelte di investimento, con gli imprenditori che scelgono ad esempio investimenti più liquidi di modo da poterli smobilizzare e intervenire prontamente con nuova finanza quando lo richiede l'azienda». Per la Marca la categoria imprenditoriale forma la base della clientela private, influenzata quindi in maniera diretta dai fenomeni aziendali. «In diversi casi i nostri clienti sono tornati a mettere i soldi in azienda o hanno sfruttato opportunità di investimento alternative, come l'acquisizione di altre imprese finite sul mercato. Questa categoria di investitori ha perso poco in questi anni, anche perché la percentuale di soldi messi in azioni era massimo del 20% - conclude - I nostri clienti continuano a manifestare un particolare interesse per il mattone e noi consigliamo loro un'alta diversificazione del portafoglio per contenere i rischi».

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